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Il Piccolo 01-10-2001

Oggi vertice di maggioranza. C’è il sospetto che i finiani temporeggino per ottenere nel 2003 l’elezione diretta del capo della giunta

Legge elettorale, monito ad An

Marini (Ccd): «Chi osteggia l’accordo sul proporzionale sarà responsabile della crisi»

TRIESTE - Quali norme disciplineranno le elezioni regionali della primavera 2003? Secondo una norma transitoria approvata dal Parlamento verrà applicato anche qui il sistema elettorale vigente nelle altre regioni italiane (un «mix» di maggioritario e proporzionale con elezione diretta del presidente) se il Friuli-Venezia Giulia non si doterà per tempo di una legge diversa. Alle nuove normative stanno lavorando il consiglio regionale e i partiti, ma al momento la confusione regna sovrana.

Non c’è concordanza di opinioni né fra la forza della maggioranza di Centrodestra né all’interno delle singole forze, comprese quelle d’ opposizione. E quando ci sono convergenze, esse vengono recepite con imbarazzo dagli interessati, timorosi di accuse di «inciucio». Come succede ad An, che polemizza ogni giorno coi Ds, benché i rispettivi parlamentari condividano la paternità di quella norma transitoria e benché entrambe le formazioni siano tuttora schierate, le uniche, a sostegno del presidenzialismo.

Ma fra gli stessi diessini si registrano divaricazioni. C’è chi difende a spada tratta il sistema prefigurato dalla norma transitoria, e ciò anche per non smentire l’onorevole Riccardo Illy, che con l’elezione diretta del presidente propugna una minor ingerenza partitica nella gestione della cosa pubblica; e chi invece preferirebbe un presidenzialismo più «temperato» (limitato magari alla sola indicazione del candidato sulla scheda di voto e comunque controbilanciato da un’attribuzione di maggiori poteri al Consiglio).

Dice infatti il diessino Giorgio Mattassi: «Il presidenzialismo non si discute, non possiamo restare al di sotto delle altre regioni italiane. Ciò che si può invece discutere è l’equilibrio fra il potere esecutivo e quello legislativo, dal momento che nelle altre regioni sta creando un diffuso malessere l’attuale rapporto fra il presidente, che tiene tutti sotto scacco, e l’assemblea legislativa. Però qui si vorrebbe addirittura un presidente sempre assoggettato ai propri gruppi politici e che per esempio Ferruccio Saro possa continuare a comandare anche dall’esterno... ». Allora i Ds non si scostano dalla norma transitoria? «No, se non matureranno – dice Mattassi – certi scenari alternativi che sembrano profilarsi da parte di alcuni forzisti come Franco Dal Mas, che intanto ha rilanciato la formula presidenzialista con l’indicazione del nome del candidato sulla scheda...

Comunque penso che abbia ragione il mio collega Renzo Travanut, secondo il quale tutto si deciderà soltanto in aula». Ma la maggioranza non intende andare in aula alla spicciolata. A fronte delle acute tensioni in atto in particolare con An, i centristi di Forza Italia, del Ccd e del Cpr hanno dato mandato al coordinatore regionale azzurro, Ettore Romoli, di addivenire oggi a Trieste a un chiarimento di fondo con gli uomini di Fini. I quali hanno originato più punti d’attrito: non solo sulla legge elettorale (e in particolare sul presidenzialismo e sul seggio da garantire in qualche modo agli sloveni), ma anche sulla spinosa vicenda delle aziende turistiche decapitate da Sergio Dressi e scommissariate dal Tar, nonché sul braccio di ferro in Autovie col presidente Giancarlo Elia Valori, che essi difendono, sia pure in mezzo a mille «distinguo».

Perciò Bruno Marini, vicecapogruppo di Fi-Ccd, parla – in vista del vertice odierno – di una verifica della stessa tenuta dell’alleanza, «numericamente così ampia – osserva – eppure incapace, al momento, di produrre una riforma elettorale condivisa da tutti». E ammonisce: «Se qualcuno nutrisse la riserva mentale di far abortire tutti i tentativi d’accordo perché infine si voti come prevede la norma transitoria, ebbene sarebbe senz’altro la crisi». Il monito è evidentemente rivolto ad An. Già in sede di commissione, di fronte al prospettato rischio di non riuscire a concordare alcuna riforma elettorale, Paolo Ciani aveva esclamato: «Pazienza, vuol dire che si andrà a votare con la norma transitoria». E il leghista Beppino Zoppolato l’aveva redarguito: «Questa riforma è uno dei punti programmatici prioritari della nostra giunta».

Ed è il senatore Giovanni Collino — che in Parlamento si è assunto la paternità della norma transitoria insieme al diessino Antonio Di Bisceglie — a venire additato come il più fiero oppositore del «proporzionale alla tedesca» propugnato dai centristi dei due fronti: Fi, Ccd, Cpr e Lega da una parte e Ppi-Margherita dall’altra. Ma questi si schermisce: «Il mandato che abbiamo conferito a Roberto Menia per la riunione di oggi è quello di ricercare comunque un punto d’incontro con i nostri alleati».

Giorgio Pison

Il forzista Romoli deve riportare la pace tra i contendenti. Anche l’ opposizione non è concorde, con la Quercia divisa da vari «distinguo»