Il Messaggero Veneto 08-03-2002
Ma le trattative continuano. Benedetti sui dazi Usa: per noi sono una boccata d'ossigeno
BUTTRIO - La siderurgia regionale sarà appena sfiorata dalla decisione americana di imporre dazi fino al 30% sulle importazioni di acciaio. La controversa decisione, presa per proteggere un'industria a corto di fiato, avvitata nell'obsolescenza e penalizzata dal superdollaro, avrà fortunatamente effetti molto limitati in regione. Il massimo produttore, l'Abs di Cargnacco, sforna infatti acciai di fascia alta, inossidabili e speciali, i quali, per le loro caratteristiche, non si prestano a esportazioni massive. I "legati", anzi, vengono fusi praticamente su commissione. «Il problema è semmai è un altro - afferma Gianpietro Benedetti, amministratore delegato del gruppo di Buttrio -; e riguarda le conseguenze che potrebbero avere nel medio termine le esportazioni in dumping, cioè a prezzo stracciato, dell'acciaio dell'Europa orientale dirottato dagli Usa verso i mercati dell'Europa occidentale».
Per la Danieli non è detto però che gli effetti di questo cataclisma saranno tutti negativi. Essendo un competitore globale, è perfettamente in grado di bilanciare gli effetti di una crisi regionale con le spinte espansive registrate in qualche altra area. Le prospettive di un boom triennale negli Usa potrebbero dunque risvegliare la domanda americana di nuovi impianti da un letargo protrattosi per qualche anno. Benedetti è invece tuttora prudente sugli annunci di ripresa in Europa. Le previsioni che la datavano nella seconda metà di quest'anno sono già slittate al primo semestre del prossimo, quando si metterà prevedibilmente in moto il volano dell'industria consumatrice dei "piani" (auto ed elettrodomestici). L'Abs potrebbe ancora giovarsi delle grandi opere; molto meno, invece, dell'edilizia, la cui ripresa in atto sta peraltro beneficando aziende come la Pittini, leader incontrastato delle reti elettrosaldate.
L'impiantistica, che rappresenta il core business della Danieli, risentirà dunque della ripresa non prima di un anno. «Peggio di così...» commenta Benedetti, la cui azienda è peraltro messa in sicurezza da un portafoglio ordini equivalente a un anno di lavoro. «Navighiamo a vista, anche se avvertiamo qualche effervescenza. Ma i segnali di fiducia devono ancora concretarsi» insiste l'uomo forte della multinazionale friulana.
La quale non ha affatto abbandonato i progetti di crescita. Qualche mese fa si era parlato di contatti sollecitati da una banca d'affari di primo rango in vista di una possibile acquisizione del ramo engineering della Voestalpine austriaca. L'offerta, mediata dalla branch londinese, trova indirette conferme a Buttrio dove però si sottolinea come tutto sia diventato nel frattempo «più lento» per effetto della pesantezza del mercato. Questo tipo di discorso - ammette a denti stretti Benedetti - viene portato avanti, «ma con scarso entusiasmo». Per ora. Qual è il problema? «Il problema sono i costi» è la risposta.
Benedetti esemplifica: l'elettroencefalogramma piatto dell'acciaio ha indotto qualche concorrente a pesanti ristrutturazioni produttive. Danieli ha seguito invece la strada degli investimenti nella ricerca e della razionalizzazione produttiva senza peraltro toccare gli organici, eccezion fatta per qualche consociata estera. «Né abbiamo intenzione di farlo nei prossimi sei mesi» - dichiara Benedetti -, quando l'attesa inversione di tendenza ridara linfa ai programmi di sviluppo. Allora il discorso Voestalpine, temporaneamente congelato, potrebbe tornare di attualità. «Sono convinto - Benedetti conferma una sua radicata opinione - che tre concorrenti nel nostro comparto siano troppi. Dovremo per forza di cose ridurci a due». Ma se due più due fa quattro, tanto per restare in tema, allora vuol dire che un'acquisizione ieri possibile e domani probabile è soltanto rimandata a tempi più favorevoli.