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Il Messaggero Veneto 01-02-2002

Dopo le distinzioni sulla legge elettorale regionale le componenti del centrosinistra ripartono da Udine

L'Ulivo apre un tavolo regionale

Il segretario diessino: pari dignità tra tutte le forze. La Margherita: ritrovare la coesione

UDINE - L'Ulivo del Friuli-Venezia Giulia guarda a Roma, ma avvia un proprio percorso perché le scadenze locali non consentono di aspettare il prossimo autunno, come ha deciso il livello nazionale. C'è da vedere qual è il percorso elettorale possibile, in un momento in cui la discussione della legge e la possibilità di andare a referendum rendono la partita molto più complessa. E occorrerà anche scegliere il candidato da opporre a Renzo Tondo, campione uscente della Casa delle libertà. Ieri sera, in un vertice a Udine dei rappresentanti dei partiti che si riconoscono nell'Ulivo, è stata infatti espressa «la volontà di intraprendere un percorso unitario per una candidatura condivisa alla presidenza della Regione».

Ma, tra le altre decisioni, figura anche «la creazione, in attesa che si concretizzino le decisioni assunte dall'Ulivo nazionale relativamente alla Federazione, di un tavolo comune regionale, rappresentativo in termini paritari di tutte le forze politiche aderenti all'Ulivo», affinchè lo stesso sia «forte, unito, coeso e credibile». Un Ulivo, inoltre, capace di «raccogliere consensi al di là della coalizione, realizzando un rapporto anche con altri soggetti politici e sociali». Massimo impegno, quindi, per le prossime elezioni amministrative e regionali, «affinchè il centrosinistra si affermi negli enti locali», accanto a un «giudizio fortemente negativo sull'attuale maggioranza regionale di centrodestra». Oltre all'«impegno comune per una iniziativa politica sulla riforma federalista della Regione, per l'affermazione del diritto alla salute per tutti i cittadini a partire dalla difesa del sistema sanitario e sociale pubblico, per un ruolo attivo della Regione nella prospettiva dell'allargamento dell'Europa a Est».

Anche se per certi versi il discorso è ancora prematuro (l'interessato si è detto indisponibile a correre senza l'elezione diretta del presidente), l'Ulivo potrebbe disporre di un ottimo sfidante in Riccardo Illy. Il cui nome, slegato dai partiti, non urterebbe possibili suscettibilità o riserve delle stesse forze politiche o degli elettori. Ma c'è soprattutto, in questa fase, da trovare equilibri garantendo alle formazioni minori dignità e ruolo, per salvarli da un appiattimento che potrebbe farli sparire. Il capogruppo del Pdci, Paolo Fontanelli, auspica che il processo confederativo vada avanti. «Occorrerebbe anche arrivare alla costituzione di una sorta di intergruppo dell'Ulivo in consiglio regionale. Su alcune cose, di fatto, siamo già riusciti a lavorare assieme».

«Chiaro che mettere insieme forze con dimensioni diverse e risultati presumibilmente diversi dalla loro rappresentanza non sarà facile. Occorre, comunque, decidere una serie di passaggi anche formali - stabilire chi è che convoca, per dirne una - e poi affrontare il nodo della legge elettorale, che non può protrarsi troppo a lungo», conclude l'esponente dei Comunisti italiani. Per Alessandro Dario, segretario regionale dello Sdi, oltre al problema della rappresentanza dei partiti quali espressioni culturali e ideologiche, si pone quello del federalismo. «C'è la netta sensazione che giunta e maggioranza non vogliano procedere alla devolution. Noi dobbiamo fornire invece delle proposte concrete», dice. Dichiarandosi poi fiducioso nella comune volontà di riunire le forze anche sulla legge elettorale: «Un raccordo tra centrodestra e Ds, per atteggiamenti personalistici o di gruppo, sarebbe un errore. E riproporrebbe un modello nazionale già causa di molte negatività».

«Mi sembra che la situazione, in regione, sia per certi versi più complicata di quella romana. Perché nel Friuli-Venezia Giulia l'Ulivo non è mai esistito, né nelle istituzioni, eccetto rare eccezioni, né sul piano dei rapporti dentro e fuori le forze politiche», osserva un po' meno ottimisticamente Massimo Brianese, delle segreteria dei Verdi. «Si sa che il progetto prevedeva qualcosa di più della sommatoria dei partiti, ma qui non c'è neanche quella, neppure la coalizione di centrosinistra. Su problemi di coscienza personale va da sé che possano esserci posizioni molto diverse, però su cose squisitamente politiche come la legge elettorale, occorrerebbe un'opinione comune».

«Io, in questi incontri, mi sento davvero più cittadino dell'Ulivo che uomo di partito, e spero sia così anche per gli altri», conclude Brianese. «Perché c'è il pericolo che un asse Ds-Margherita ci alieni quel terzo dell'elettorato potenziale che non è né post Pci né post Dc, condannandoci a lustri di opposizione».

L.S.