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Il Piccolo 13-11-2001

IL CASO ITALIA-CROAZIA - Il governo Racan boccia il capoluogo giuliano quale sede in cui si sarebbe dovuto sottoscrivere, in margine al vertice Ince, l'Accordo bilaterale di cooperazione

Zagabria: «inopportuno» firmare il Trattato a Trieste

Città «storicamente» inadeguata. La Farnesina: «Manca l'avallo del nostro governo al testo»

ZAGABRIA - Trieste città «scomoda». Anche dopo 50 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. E così la tanto publicizzata firma del Trattato di cooperazione e amicizia tra Italia e Croazia, che avrebbe dovuto essere sottoscritto nel capoluogo giuliano a margine del vertice dell'Iniziativa centroeuropea (Ince), è rinviata a data e luogo da destinarsi. L'annuncio viene da Zagabria, dove Aleksandra Kolaric, la portavoce del governo guidato dal socialdemocratico Ivica Racan, ha comunicato che «l'accordo non sarà firmato a fine novembre a Trieste perché si ritiene che per opportunità storica non sia un luogo adatto». Bocciata Trieste la portavoce non boccia i contenuti del Trattato, i quali saranno esaminati dal governo di Zagabria «in una riunione entro la fine del mese». Nulla trapela sul luogo prescelto e la data in cui avverrà la tanto agognata e tribolata firma. «Stabilire la data e il luogo della firma - conclude la Kolaric - è una questione puramente tecnica», anche se tale non è la bocciatura di Trieste.

Le notizie che giungono dalla capitale croata non sorprendo però la Farnesina. Fonti diplomatiche italiane non commentano le motivazioni addotte dalla Croazia sull'inopportunità logistica triestina, ma confermano quanto avevano già dichiarato alcuni giorni or sono quando è trapelata la notizia dell'avvenuta stesura del testo dell'accordo bilaterale. «Innanzitutto - spiegano al ministero degli Esteri - è prematuro parlare di testo definitivo». Non fosse altro, fanno capire, perché Roma attende ancora gli esiti dell'incontro che sullo scottante tema avrà il ministro Ruggiero con le associazioni degli esuli. Le quali, come preannunciato nei giorni scorsi, sono pronte a dare battaglia.

È la cosiddetta «clausola Fini», quella voluta dal vice premier - e ribadita in una lettera inviata di recente allo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - in base alla quale nulla sarà deciso e tantomeno firmato dall'Italia con la Croazia se prima non si saranno sentiti anche gli esuli. Perché il nodo della questione è sempre lo stesso: quello dei beni abbandonati.

Eppure il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione aveva annunciato a Trieste che la firma sarebbe avvenuta addirittura all'Onu, durante i lavori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in svolgimento in queste ore a New York. Scartata però questa occasione per palese mancanza dei tempi tecnici per redigere il Trattato nella sua interezza e per sottoporlo alla lettura dei rispettivi governi, le parti davano per scontata la scelta del capoluogo giuliano quale sede per la firma. Chi è stata sempre scettica è ancora una volta la Farnesina. Fonti riservate avevano espresso già alcuni giorni or sono seri dubbi su Trieste. No di certo perché, come detto dalla controparte croata, la città fosse ritenuta inadatta per «opportunità storica», ma per una duplice serie di motivi. Il primo era ed è a tuttoggi tecnico-temporale: non c'è il tempo per svolgere tutti gli adempimenti necessari. Il secondo perché, fanno intendere alla Farnesina, non sarebbe «diplomatically correct» sottoscrivere un atto bilaterale nel corso di un'assise multilaterale come quella dell'Ince.

E le stesse dichiarazioni ottimiste del sottosegretario Antonione erano valutate già alcuni giorni or sono con motivato scetticismo. Non fosse altro - dicono al ministero degli Esteri - per il fatto che un trattato prima di essere firmato deve avere l'avallo del governo.

E qui a Zagabria fonti politiche annunciavano che palazzo Chigi avrebbe dovuto interessarsi dei contenuti dell'accordo bilaterale lo scorso 8 novembre. Ma così non è stato. Allora Zagabria ha messo il piede sul freno. Anche perché le notizie che giungevano nel frattempo da Roma, annunciavano il braccio di ferro in corso tra il governo e gli esuli sui contenuti del Trattato. La Croazia, dunque, come confermano fonti politiche qui nella capitale, non vuole fare la prima mossa e vuole valutare che cosa scaturirà dal summit tra il ministro Ruggiero e le associazioni degli Esuli. Zagabria vuole vedere soprattutto se e quali eventuali modifiche potebbero essere proposte da Roma al testo licenziato la scorsa settimana dalle due delegazioni diplomatiche alla Farnesina. Il tema dei beni abbandonati è troppo delicato e la Croazia non vuole fare passi falsi. D'ora in avanti anche una virgola può risultare determinante.

Mauro Manzin