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Il Piccolo 22-12-2001

«Agli industriali chiedo di esporsi: in politica dovrebbero schierarsi. Haider? Assurdo isolarlo ma l'Europa lo teme ancora»

Tondo: «Giù le mani dalla mia autonomia»

«Mai stato un uomo di Saro, né di altri. Ad Antonione l'ho detto: ci serve a Roma, non a Trieste»

TRIESTE «Certo che Zoppolato può far diventare nervoso anche un caffè!». Primo pomeriggio di ieri, studio del presidente della giunta nel palazzo del Consiglio regionale, con vista su piazza Oberdan: Renzo Tondo, seduto sopra la scrivania, ascolta davanti allo schermo della tv a circuito chiuso che diffonde i lavori dell'aula l'ennesimo attacco al suo esecutivo da parte dell'«alleato» leghista. Si capisce che la battuta sul caffè gli viene da dentro, naturale. All'approvazione del bilancio 2002 mancano solo poche ore di dibattito, altrettanto vicini sono i cinque giorni in cui la politica regionale andrà in vacanza. Il portavoce Alessandro Colautti si allunga su una poltrona di pelle, visibilmente stanco: «Renzo, fatta questa non voglio più sentir parlare della Lega almeno fino a dopo Natale...». Tondo annuisce pensieroso.

Presidente, sei mesi fa lei ha concluso il discorso d'insediamento dicendo: «Che Dio ce la mandi buona». Com'è andata?

Come avevo previsto. Fare il presidente della Regione non è un mestiere facile e i problemi non finiscono davvero mai. Ma al momento mi sento con la coscienza a posto.

Qualche rimpianto? Finora ha fatto o detto cose che, col senno di poi, ora eviterebbe?

Mah, piuttosto direi che non sono riuscito ancora a fare cose che avrei voluto aver già portato avanti. Mi riferisco alla legge sul personale che è in ritardo, al taglio dell'apparato burocratico che c'impaccia. E poi vorrei avere avuto più tempo per pensare alla gestione del quotidiano. Zoppolato l'altro giorno in aula ha accusato lei e la sua giunta di essere immobilisti e Forza Italia di rappresentare il partito delle clientele e il ricettacolo dei riciclati. Registro che, invece, il capogruppo leghista in Consiglio, Claudio Violino, ha detto parole molto diverse da Zoppolato, e ha elogiato l'azione di governo della Cdl. Ogni partito ha i suoi crucci interni, evidentemente il Carroccio non fa eccezione. Beppino Zoppolato ha un caratteraccio e a volte va molto al di sopra delle righe, ma che ci volete fare... Intanto io sono contentissimo dell'intesa che c'è in giunta con i quattro assessori «padani».

Non mi dirà mica che la Lega Nord è un alleato accomodante...

Tutte le coalizioni devono convivere con difficoltà di equilibrio. E in effetti la Lega non è un compagno di viaggio tranquillo.

Forza, si sfoghi.

Perché dovrei dire qualcosa di cattivo sulla Lega? Di decisioni «cattive» che i leghisti non approvano ne prendo già abbastanza, non c'è bisogno di aggiungere ai fatti inutili parole.

Va bene, veniamo a Forza Italia. Di recente Giulio Camber le ha regalato un rosario con tre croci, spiegando pubblicamente: «Sono quelle che tu devi portare: Antonione, Romoli e Saro».

I componenti di quella che voi giornalisti chiamate la «Trimurti» non sono croci. Però... oggi dopo il brindisi natalizio con il gruppo di Fi, presenti proprio loro tre, ho detto: «Sono contento che siate qui per farci gli auguri, ma non esagerate nel farvi vedere quassù». Devono capirlo: il loro aiuto ci serve a Roma, mentre in regione abbiamo ormai acquisito la maturità per arrangiarci da soli.

Con il coordinatore nazionale di Fi e suo predecessore, Roberto Antonione, ha fatto davvero pace?

Sì. Entrambi siamo consapevoli che, sia per gli interessi della Regione Friuli-Venezia Giulia sia per quelli personali, è meglio che si vada d'accordo. D'altra parte, e lo dico perché ci credo, io ho sempre avuto stima di Antonione, anche nei momenti di maggior tensione tra noi due. E so che lui contraccambia. Se poi c'è una visione diversa delle cose, beh, si tratta solo di un arricchimento. Comunque: a gennaio, al rientro dalle ferie, abbiamo in programma un incontro in cui programmeremo assieme le strategie di fine legislatura.

Fino a qualche tempo fa lei era considerato un uomo di Saro, e ciò valeva anche per il suo portavoce Colautti. Ma dicono che adesso i rapporti tra voi e lui si siano guastati.

Non mi sono mai considerato uomo di nessuno. Con Saro ci unisce una conoscenza di anni e anni, ma la mia autonomia è sacra. Detto questo, i rapporti tra noi sono ottimi: l'altra sera ci siamo trovati a Roma e siamo andati assieme a bere frizzantino e mangiare «bagigi».

La Finanziaria regionale 2002 è alle battute finali. È soddisfatto di com'è venuta?

Io sono contento. È una manovra pulita. Senza voli pindarici, abbiamo individuato tre o quattro priorità e le abbiamo portate a casa. Eppure c'è chi imputa alla giunta regionale di prendere decisioni per finta. È il caso del piano della Sanità: l'opposizione sostiene che la riforma è solo teorica e rimarrà confinata sulla carta almeno per altri tre anni. Se fosse come dicono loro, non avremmo sofferto tanto per riuscire a farla passare. Vedrete: metteremo concretamente in atto le linee generali del piano ben prima delle elezioni del 2003.

Eccoci alle prossime regionali, che sono legate a doppia mandata con la nuova legge elettorale, attualmente nel congelatore in attesa che in gennaio i partiti trovino un'intesa. In giro si vocifera che la sua ricandidatura nel 2003 dipenda dal sistema che verrà adottato. Lei avrebbe parecchie chance nel caso passasse il proporzionale. Nel caso si giungesse, cosa tutt'altro che impossibile, all'elezione diretta del presidente a causa dell'adozione coatta della norma transitoria, allora ci sarebbero già nomi «forti» alternativi al suo. Per esempio il manager Benetton ex ex Electrolux Zanussi, Luigi De Puppi.

De Puppi... ottima persona, molto capace. Ma non sempre le capacità sono proporzionali al consenso in termini di voti. Quanto alla mia candidatura, non è cosa che mi riguardi in questo momento. Ci dovranno prima pensare i partiti; se mai mi chiederanno di rifare il presidente, solo allora ci penserò. Quanto alla legge elettorale, sono convinto che andrà in porto il sistema proporzionale misto a cui stiamo lavorando. E sarà una cosa buona. Perché è tutto da verificare se lo strapotere di cui godono i «governatori» eletti direttamente è davvero utile.

Sembra che il candidato del centrosinistra possa essere Riccardo Illy. Se la sentirebbe di sfidarlo?

Non avrei paura.

Cosa pensa di lui?

Illy? Intelligente. Però mi pare pericoloso il distacco con cui si rapporta ai partiti, quasi che ci fosse un primato della società civile sulla politica. Secondo me non è così: la politica è la rappresentazione fedele della realtà in cui viviamo, con tutti i suoi vizi e virtù.

Cosa pensa degli industriali che fanno politica? Ci riferiamo al costituendo Club del Nordest.

Mi sembra che con quel club gli industriali veneti e friulani abbiano piuttosto intenzione di sostenere la politica solo dall'esterno per promuovere il proprio sistema. Invece io vorrei che gli industriali, ma anche i commercianti e gli artigiani, «facessero» politica, senza nascondersi e senza cercare di essere solo collaterali al potere. Vorrei vederli schierati, vorrei che avessero il coraggio di esporsi.

Capitolo Galan: i rapporti con il suo omologo del Veneto di recente sono stati agitati. Lei l'ha battuto nel sondaggio di Datamedia sul gradimento della popolazione nei confronti dei «governatori» regionali. Una rivincita?

Ma no, che rivincita... Con Galan ci siamo visti cordialmente l'altro giorno a Roma. L'appuntamento non l'abbiamo fissato in agenda, rimedieremo in gennaio. Piuttosto: so che il nuovo presidente di Autovie Venete, Dario Melò, dovrebbe incontrarsi tra poco con il presidente del Veneto. Mi sembra un passo importante.

E del «suo» Melò che le pare? Si è adattato alla complicata realtà della concessionaria autostradale?

Sì, l'approccio è stato positivo. Ha già individuato le negatività dell'azienda, tipo St.

Secondo lei, dopo essere stato cacciato da Autovie Giancarlo Elia Valori si è rassegnato?

Non ha nulla di cui rassegnarsi. Volete che uno che ha la sua posizione, un uomo potente come lui, si perda dietro alle ripicche?

Un giudizio su Haider. Il leader della Carinzia, con cui il Friuli-Venezia Giulia intrattiene frequenti e buoni rapporti, è definitivamente sdoganato agli occhi dell'Europa?

No, non ancora. Il superamento della paura che incute, secondo me senza giustificazioni, è un lento percorso ideologico che non condivido ma che esiste. Insisto comunque a dire, e i fatti mi stanno dando ragione, che Haider non rappresenta un pericolo. Riforma dello Statuto e specialità del Friuli-Venezia Giulia: come pensate di agire? Tanto più che a Trieste sta riprendendo fiato il partito della Provincia autonoma... L'ho già detto e lo ripeto: questa regione non ha bisogno di Province autonome, non ha bisogno di dividersi. Anzi, ha bisogno di unità. E lo dice uno come me che proviene da un angolo bistrattato come la Carnia, che al limite avrebbe tutte le ragioni per cercare di staccarsi da chi l'ha trascurata. Invece no: e approfitto di questa intervista per appellarmi al buon senso di quanti, anche all'interno della mia giunta, utilizzano impropriamente il miraggio dell'autonomia a tutti i costi.

Alberto Bollis