Il Piccolo 06-02-2002
Dopo la conferma del testo della discordia, l'opposizione si compatta attorno alla futura richiesta
TRIESTE - «A questo punto il Centrodestra si prepari ad affrontare un referendum abrogativo»: è questo il commento, a caldo, del capogruppo dei Ds, Alessandro Tesini, nell'apprendere la posizione ufficiale assunta l' altra sera dal coordinamento regionale di Forza Italia nella riforma elettorale. «Però chi può giurare - ironizza - che le cose stiano effettivamente così e non si tratti, invece, di un'ennesima versione di facciata?».
«Intanto non ci piove - rileva Tesini - che Forza Italia sia tornata sulle posizioni più "hard" del testo intorno al quale la maggioranza ha lungamente arzigogolato in commissione». I Ds non ce l'hanno solo con la conferma dell' «indicazione» (in luogo dell'elezione diretta da parte dei cittadini) del presidente; ma anche con un premio di maggioranza riportato da 33 a 36 seggi su sessanta (anche senza il raggiungimento di una soglia minima da parte della coalizione vincente) e uno sbarramento diminuito dal 5 al 4 per cento: «Evidente il tentativo del Polo di affrancarsi dai ricatti leghisti e di accontentare un po' tutti, da An a Rifondazione, per raccattare in aula più voti possibili».
Ma già il Pdci dichiara, con Bruna Zorzini, di non cadere nel tranello, tanto più nel constatare che «erano solo promesse da marinaio le proposte, concordate fra il Cpr e la Margherita, per la garanzia di un seggio alla minoranza slovena tramite l'apparentamento di una sua lista con altro partito, proposte che avevano illuso l'Unione slovena, a costo di spaccare l 'Ulivo. Eppure sarebbe stato, questo, l'unico miglioramento che avrebbe giustificato la rinuncia al "Tatarellum"».
E a sua volta Cristiano Degano, della Margherita, commenta: «Se volevano dimostrare l'inopportunità dell'elezione diretta del presidente, gli stessi azzurri hanno conseguito il risultato opposto, dando vita a uno spettacolo che ha confermato solo una cosa: la loro soggezione ai diktat della Lega, di cui An e lo stesso Tondo si rivelano ostaggi (senza dimenticare il " presidenzialista" Antonione, che neppure partecipa al vertice regionale del suo partito)».
Così - argomenta Degano - «tale irrigidimento, che ha già indotto An a manifestare una sintonia con i Ds e il Ccd a giudicare la proposta " indifendibile", porterà a un referendum abrogativo, peraltro facilitato dall 'accertata impossibilità per il Centrodestra di raggiungere in aula il quorum di 40 assensi; e andremo a votare proprio con quel "Tatarellum" che a parole tutti dicono di non volere. Però non è detta l'ultima parola. In aula una maggioranza così rissosa potrebbe facilmente incrinarsi».
g.p.