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Il Piccolo 21-12-2001

La Save, società del «Marco Polo» di Venezia, si aggiudica con 380 miliardi la gestione di 103 scali ferroviari medi tra cui Trieste, Gorizia, Monfalcone, Udine e Pordenone

Stazioni dei treni come centri commerciali

Il presidente Marchi: «Ci metteremo gallerie di negozi e ristoranti». E rilancia la richiesta d'alleanza con Ronchi

VENEZIA - Nuovo partner per Ferrovie dello Stato nella gestione di 103 scali ferroviari italiani. Il 40% di Medie Stazioni è stato aggiudicato alla cordata composta da Save (gestore dell'aeroporto Marco Polo di Venezia), Manutencoop, Investimenti immobiliari lombardi. «Ma nell'arco di cinque anni Fs potrebbe procedere alla cessione integrale di Medie Stazioni» puntualizza Enrico Marchi, presidente di Save. Nell'elenco dei 103 poli ferroviari, tutti i maggiori salvo quelli presenti nelle città metropolitane, ce ne sono 14 nordestini (Trieste, Gorizia, Monfalcone, Belluno, Bolzano, Castelfranco, Padova, Pordenone, Rovereto, Rovigo, Trento, Udine, Vicenza). Marchi non vuole indicare una lista di priorità nel programma di recupero e valorizzazione a fini commerciali dei 103 scali ferroviari, ma non vi è dubbio che in cima all'elenco figurano le stazioni con i maggiori dati di frequentazione e, non di meno, dislocate nelle aree più ricche del Paese. Il Nordest per questa via avrà senza dubbio un percorso privilegiato.

Alcune cifre sono utili a definire il business in questione. Medie Stazioni è stata valutata dalla cordata guidata da Save 380 miliardi. Al programma di riqualificazione delle 103 stazioni sarà dedicato un piano di investimenti di almeno 360 miliardi. Marchi però è convinto che lo sfruttamento delle superfici commerciali, con l'allestimento di gallerie di negozi e servizi di ristorazione sul modello adottato nella nuova Roma Termini, possa determinare redditività cospicue. Nell'arco di 4-5 anni, secondo Marchi, Medie Stazioni potrebbe registrare ricavi per circa 400 miliardi. Il capitale primo consiste nei passeggeri in transito nelle 103 stazioni, valutati in 500 milioni l'anno. Ma dopo il ridisegno di Roma Termini i frequentatori sono raddoppiati. Grandi Stazioni, che gestisce i 13 scali ferroviari dislocati nelle città metropolitane, ha chiuso il 2000 con un giro d'affari di 200 miliardi e utili ante imposte per 33,6 miliardi.

Che il business sia interessante lo certifica pure il fatto che alla gara per Medie Stazioni ha preso parte, fra l'altro, anche la cordata composta da Ipi (Fiat), Autogrill (Benetton), Progestim (Ligresti). Ma che c'entra Save con i treni? «Dicono tutti che le stazioni devono somigliare sempre più agli aeroporti», replica con una battuta Marchi. Il punto è che Save ha assunto in gestione diretta, prima società aeroportuale italiana, tutti i servizi commerciali (negozi, ristorazione, duty free). Manuntencoop è invece società specializzata in tema di facilities e building management (gestisce fra l'altro manutenzione e forniture di servizi di migliaia di immobili pubblici).

Investimenti immobiliari lombardi, società del gruppo Hopa, ha in corso la realizzazione di 400 mila metri quadrati di edifici a destinazione soprattutto direzionale e commerciale. «Come si vede competenze plurime che si integrano» commenta Mauro Casagrande, direttore del settore finanza in Manutencoop.

L'operazione Medie Stazioni sollecita, per il reperimento delle risorse, un aumento di capitale nell'ordine del 20% per Save (il patrimonio netto attuale vale 130 miliardi). L'assemblea dei soci è stata convocata per il 19 febbraio. Allora saranno definiti anche i conti del 2001, che Marchi stima «in progresso per tutti gli indicatori nonostante la crisi del trasporto aereo. Il fatturato è atteso a 180 miliardi, contro i 140 dello scorso anno. Ma è indispensabile razionalizzare al massimo i costi e sfruttare le sinergie possibili. Mi pare in questo senso sempre più necessario un collegamento societario fra le società aeroportuali del Nordest. Da Ronchi dei Legionari abbiamo avuto finora solo un riscontro verbale alla nostra offerta. Tale via è una conditio sine qua non per crescere».

Paolo Possamai