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Il Messaggero Veneto 22-06-2002

Il piano del presidente della giunta regionale per l'ultimo anno di legislatura punta a ridisegnare la specialità

Tondo: riscriviamo lo Statuto

Patto coi parlamentari della Cdl: chiediamo a Roma più autonomia economica e politica

UDINE - Più autonomia nelle scelte economiche e industriali, riconoscimento delle competenze di politica estera, maggiori strumenti e fondi trasferiti da Roma a Trieste, modalità di elezione e di ricorso al referendum riscritte, nuove regole e ruolo istituzionale per presidente, consiglio e giunta regionale: dopo oltre quarant'anni lo statuto di specialità del Friuli-Venezia Giulia sarà riscritto.

L'accordo è stato siglato tra il presidente Renzo Tondo e i parlamentari della regione, ieri mattina, al vertice udinese di via San Francesco e prevede la costituzione di un comitato tecnico, aperto anche all'Università, per la scrittura del nuovo testo che, subito dopo, su iniziativa dei deputati sarà depositato a Roma per avviare il complesso iter di doppio passaggio alle Camere per la lettura e la votazione previsto per le leggi che hanno valore costituzionale. Una riforma che, sebbene secondo la presidenza della giunta è aperta ad accordi bipartisan con l'opposizione, di fatto vuole essere la punta di diamante dell'amministrazione della Casa delle libertà, che si è assunta ieri il compito di traghettare la Regione verso una fase nuova.

La scadenza ipotizzata per giungere alla bozza dello statuto è fissata per settembre, con l'intenzione da parte dei parlamentari di farla approvare entro la XIV legislatura. L'invito alla Regione a giungere in tempi brevi a una proposta organica giunge a Tondo sia dal parlamentare di Forza Italia, Ferruccio Saro, che dal vicepresidente del gruppo di Alleanza nazionale alla Camera, Daniele Franz che chiede al presidente "una maggiore capacità di coordinamento - spiega - nei limiti del possibile, e un serio impegno sul fronte dello statuto per definire il nuovo ruolo del Friuli-Venezia Giulia nei decenni che verranno". Un impegno di più ampio respiro, questo è certo, rispetto alla polemica che non accenna ad abbandonare i corridoi di Palazzo sulla legge voto, dopo che Forza Italia si è detta pronta a varare l'elezione diretta del presidente.

E se una crisi di giunta in questo momento non piace a nessuno dei big, il "tatarellum", il sistema cioè che entrerebbe in vigore in caso di abrogazione dell'attuale riforma con il referendum promosso dall'Ulivo, scatena appetiti a destra e a sinistra. Con l'assessore regionale di An, Paolo Ciani che, dopo aver annunciato libertà di voto alla consultazione popolare ricorda agli alleati che "An è un partito presidenzialista - dice - e che se la legge che abbiamo votato era l'unica possibile in quel momento e adesso non è più così, è anche vero che il tatarellum è di fatto l'elezione diretta del governatore per cui a noi non dispiace". Così come, ripetono in molti, non dispiace a Illy e ai suoi, e nemmeno alla Margherita e ai centristi, secondo i maligni più per il "cospicuo" listino di eletti che accompagnano il presidente che per l'impostazione bipolarista della norma. Sull'eventuale libertà di voto da parte degli azzurri al referendum, invece, il presidente Tondo glissa e rinvia ai partiti ogni decisione: "Rimando a loro ogni proposta sulla legge elettorale". Con il problema però di ridimensionare quello "strapotere" dei governatori che in molti denunciano da centro-destra.

Tommaso Cerno