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Il Piccolo 29-06-2002

L'uomo-simbolo delle consultazioni popolari in visita a Udine

Segni sul referendum elettorale: «È una battaglia sacrosanta»

«In Sardegna una legge simile alla vostra ha portato a otto crisi in una legislatura. Qui il Carroccio punta a una staffetta preordinata alla presidenza»

UDINE - Le anime del referendum sulla legge elettorale regionale si sono riunite attorno al «totem». Da Mario Segni, ieri a Udine, hanno avuto prima un applauso: «La vostra è un'azione meritoria contro la vergognosa intenzione di scippare i cittadini di un loro diritto costituzionale». Poi un incoraggiamento: «È una battaglia sacrosanta, combattetela senza paure, consapevoli che, nel caso, si potrà chiedere anche l'appoggio del presidente Ciampi, già intervenuto l'anno scorso a frenare Bossi prima del referendum confermativo della legge sul federalismo. In Friuli Venezia Giulia - ha aggiunto Segni - si gioca una partita non solo "regionale". Il referendum ha un valore nazionale da non sottovalutare».

Battagliero come ai bei tempi, Segni ha ricordato i «disastri» della legge elettorale sarda, semipresidenzialista come quella voluta dalla maggioranza regionale: «La mia regione - ha detto "Mariotto" - ha conosciuto nella precedente legislatura otto crisi. Quest'anno, dopo sei mesi di confusione, è stato eletto un presidente diverso da quello indicato dai cittadini. Così il rodeo continua. Non altrettanto, invece, dove ci si è convertiti all'elezione diretta, che ha già dato, e non solo nei Comuni, molte conferme della sua validità».

L'europarlamentare ha poi fatto continui riferimenti all'asserito tentativo del Centrodestra regionale di evitare il referendum con una modifica della legge regionale. «Un tentativo da magliari - ha attaccato -, cambiano le carte in tavola in modo così sfacciato da tuffarsi nel ridicolo. Adesso assolderanno qualche giurista di corte, ma giuridicamente il procedimento è così chiaro da essere inattaccabile: dopo l'approvazione in Consiglio regionale, la promulgazione della legge dipende dall'esito del referendum. Che lo voglia o no il Centrodestra di questa ragione, la Costituzione impone regole che andranno seguite fino in fondo».

Sollecitato sui motivi del dietrofront in Friuli Venezia Giulia, Segni colpevolizza la Lega Nord. «Non credo che la coalizione si muova in modo così scomposto per paura di perdere le elezioni - ha detto -, ma perché la Lega, a fronte di un crollo alle urne, mantiene una peso politico importante e lo gioca bene. Il Carroccio sa che non potrà avere il presidente nelle Regioni del Nord, ma sa anche che, mantenendo un sistema partitocratico, una fetta della torta può capitare anche a lei. Penso a una staffetta preordinata, a un anno di presidenza leghista, per esempio».

Presente all'incontro di ieri, con il presidente del Comitato promotore del referendum, Bruno Malattia, ed esponenti politici diessini, della Margherita e dei Radicali, anche Riccardo Illy. Il probabile leader del Centrosinistra alle prossime regionali non ha voluto ancora ufficializzare la sua candidatura, neanche ora che è comodamente appoggiato su un divano di 52 mila firme: «Il referendum conta, più che per me, per i cittadini, che potranno finalmente sentirsi di serie A». Non è però mancato un affondo alle scompostezze degli avversari: «Antonione scavalca Tondo? Hanno sbagliato con la legge elettorale, forse sbandano anche nella scelta del candidato». Ma chi preferirebbe affrontare? «Non c'è differenza, è una corsa difficile, ma corro forte anche in salita. Se mai toccherà a me».

Marco Ballico