Il Piccolo 25-05-2002
Un dibattito sul tema delle autonomie nel comparto evidenzia la situazione irreversibile nella quale hanno finito per trovarsi le amministrazioni locali
Quaranta, del Consiglio di Stato, ha evidenziato tutte le incognite della riforma costituzionale
Graffiti (Aiop): «Perché le amministrazioni pagano per i cittadini che vanno a curarsi altrove e non aumentano il budget a chi ha strutture sottoutilizzate?»
TRIESTE - Si definiscono imprenditori e vogliono urgentemente capire che cosa succede nel ginepraio legislativo della Sanità, nel momento cruciale in cui la parola «privatizzazione» ricorre di continuo, si fa strada nelle stanze del potere il criterio delle assicurazioni, e si è di fronte alla modifica costituzionale che dà poteri legislativi quasi pieni alle Regioni: un cambiamento che, ieri è stato riconosciuto, ha di fatto distrutto il «sistema sanitario nazionale», prefigurando il «policentrismo». Altrimenti detto, potranno in futuro esserci sanità assai diverse da Regione a Regione, e gli interrogativi sono - anche dal punto di vista giuridico - enormi.
Questi imprenditori sono i proprietari e gestori degli ospedali privati, la cui associazione nazionale, l'Aiop, ha tenuto ieri alla Stazione marittima di Trieste il suo congresso annuale con la partecipazione del sottosegretario alle Finanze Giuseppe Vegas, il presidente di sezione del Consiglio di Stato Alfonso Quaranta e molti assessori e presidenti di Regione. In cifre, rappresentano 527 istituti di cura, di cui 452 accreditati dal Servizio sanitario nazionale, per un totale nel 2000 di oltre 47 mila posti letto, un milione e 280 mila pazienti, 12 milioni e passa di giornate di degenza. In Friuli Venezia Giulia le strutture private sono solo cinque, tutte accreditate col servizio pubblico, cui forniscono poco meno del 10 per cento di posti letto. Se la Regione spenderà nel 2002 l'equivalente in lire di 1200 miliardi per i ricoveri, ai privati convenzionati ne andranno 83,7 (meno del sette per cento).
In questi numeri si gioca forse una delle partite del futuro, in Sanità, e l'Aiop utilizza molti «testimonial» per una singolare pubblicità indiretta. Nella rivista dell'associazione appare, riconoscente alle case di cura, perfino l'ex «telekabul» Sandro Curzi, e ieri a Trieste si sarebbe dovuto materializzare Pippo Baudo, che invece è intervenuto solo al telefono per dire che gli ospedali pubblici sono assai malandati, mentre in sala c'era lo stilista Renato Balestra. «Perché le Regioni devono pagare per i cittadini che vanno a curarsi altrove, e non aumentano il budget a noi che abbiamo strutture sottoutilizzate? Perché non si calano le liste d'attesa col nostro intervento?» si chiede il presidente regionale dell'Aiop, Alberto Graffiti. «Basta coi pregiudizi ideologici» è la parola d'ordine. «Riteniamo superata una contrapposizione tra pubblico e privato, oggi la competizione sarà sulla qualità e sui controlli affidati a terzi» ha detto il presidente nazionale, Emmanuel Miraglia.
Ma se questo federalismo, che l'esponente del Consiglio di Stato ha così efficacemente spiegato e da cui ha per ora seriamente messo in guardia, è ancora tutto da cucire, per il presidente del consiglio comunale di Trieste, Bruno Sulli (An), presente per un saluto iniziale al posto del sindaco Dipiazza, è già un prodotto insufficiente: «Problema scottante» ha definito Sulli quello dell'ospedalità privata, «perché qui a Trieste la città non ha alcun potere decisionale sulla Sanità, fa tutto la Regione, i posti letto privati sono meno del sei per cento, speriamo che il tutto si sviluppi in futuro».
«Per ora siamo in una fase di stallo, ancora fisiologica, ma patologica se perdura - ha aggiunto Quaranta parlando di nuove legislazioni locali -. I contendenti, Stato e Regioni, si fronteggiano. Il servizio sanitario nazionale praticamente non esiste più. Ma chi armonizzerà gli interessi regionali con quelli ultraregionali e quelli nazionali?». Forse l'Aiop, che cercava risposte, è uscita dalla Marittima con domande.
Gabriella Ziani