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Il Messaggero Veneto 11-10-2001

Dopo le dimissioni di Valori, il gruppo regionale della Quercia prende posizione sul futuro della spa

«La Regione privatizzi Autovie»

L'opposizione chiede al presidente di presentarsi in consiglio per relazionare

TRIESTE ­ Tondo venga in consiglio a riferire urgentemente sulla grave situazione venutasi a creare in Autovie Venete. Lo chiede un'interrogazione delle opposizioni presentata ieri da Moretton (Ppi-Margherita) Tesini (Ds), Zorzini (Pdci), Puiatti (Verdi), Antonaz (Rc), Baiutti (Sdi), che sottolineano la necessità che il chiarimento avvenga nella prima seduta utile, ovvero martedì 16 ottobre.

Contemporaneamente il gruppo diessino, in una conferenza stampa, ha ribadito la necessità di fare luce sulla vicenda davanti all'assise regionale, ma ha lanciato anche una sfida al presidente e all'intera maggioranza: non esiste più nessun motivo che giustifichi il controllo pubblico di Autovie; anzi, le pesanti interferenze della politica negli organigrammi e nell'operatività aziendale rischiano di peggiorare sempre di più le cose. La regione scelga un manager con un concorso o una selezione da affidare a un'agenzia specializzata, per poi vendere, alle migliori condizioni possibili, l'intero pacchetto azionario. Quella portata avanti da Alessandro Tesini e Bruno Zvech, numero uno e numero due del gruppo, appare insomma una vera e propria sfida sul terreno del privato.

Rilevando come la giunta, per la prima volta nella storia della Regione, abbia negato l'audizione di Valori in commissione («Non era successo, neanche nei momenti più tormentati del "caso Cogolo"»), Tesini ha sostenuto che il nodo Autovie è ben lungi dall'essere risolto.

«Rimangono enormi problemi giuridici e politici. Sul primo versante, un vicepresidente che si chiede come fare, quale cda convocare, soltanto per portare avanti l'ordinaria amministrazione», ha detto il capogruppo della Quercia. «In quanto ai nodi politici, il "caso Valori" è identico al "caso Del Fabbro": c'era un presidente nominato nella scorsa legislatura, che è stato fatto andare via perché rivendicava autonomia di gestione. La stesa cosa è successa con Valori, pur scelto dal centrodestra: sin dall'inizio del mandato ha denunciato le interferenze politiche. Sul piano strategico peraltro nessuno ha speso una parola di dissenso, il che la dice lunga sul reale motivo del contendere: si voleva mettere in sicurezza il controllo politico dell'azienda, per i propri interessi». «Dalle indiscrezioni di stampa, circolano, per la successione di Valori, solo nomi di politici senza requisiti che quello della casacca. Per uscire da questa vicenda, invece, la giunta ha solamente la strada che usa l'impresa privata: trovare manager all'altezza, attraverso una selezione affidato a una delle aziende specializzate presenti sul mercato. E poi deve mettere in vendita Autovie, perché non sussistono ragioni per il controllo», ha concluso Tesini.

Anche Zvech ha insistito su questi temi: «In questa vicenda nessuno ha speso una parola sulla missione di Autovie, o ragionato di programmi. Eppure, paradossalmente, quello del Nord-est quale piattaforma logistica per l'ampliamento dell'Europa a oriente è un tema che potrebbe facilmente coagulare le forze politiche ed economiche. Su questo punto, al recente convegno organizzato dalla fondazione Lucchini un paio di giorni fa, tutti si sono detti d'accordo. Ma evidentemente, per la maggioranza, le questioni delle cariche e del controllo politico, nel senso antico della parola, sono più importanti».

«E' il caso di rilevare anche come, dopo le dichiarazioni sull'ottimo rapporto con il Veneto, condizione imprescindibile dello sviluppo, si butti improvvisamente tutto all'aria, creando problemi che si riveleranno pesanti, malgrado le scontate dichiarazione di facciata», ha detto ancora Zvech. «E c'è ancora un punto da sottolineare: si apprende dalla stampa che sarà Antonione a scegliere il nuovo presidente di Autovie. E allora questo vuol dire che, alla faccia di tutte le chiacchiere sul federalismo e sull'autonomia, si sta svuotando la Regione, e che il potere sta ritornando saldamente in mano alle segreterie dei partiti».

Luciano Santin