Il Piccolo 19-12-2001
La Corte superiore di Zagabria ha annullato la sospensiva del Tribunale di Fiume che in ottobre aveva bloccato la vendita del villaggio di Punta Salvore
Accolta la richiesta della banca austriaca Hypo Alpe Adria, che ritiene morosa la ditta costruttrice
TRIESTE - Via libera alla vendita all'asta del «paradiso di Bossi», che di fatto viene «sequestrato». Lo ha deciso la Corte superiore di Zagabria con una sentenza che annulla la precedente sospensiva del Tribunale di Fiume il quale, nell'ottobre scorso, aveva bloccato la messa all'asta per 25 miliardi di lire del «Residence Skipper», il villaggio turistico in costruzione a Punta Salvore. Un'iniziativa che raccoglie imprenditori e politici italiani di spicco, soprattutto leghisti. I giudici zagabresi hanno così accolto la richiesta della Hypo Alpe Adria Bank, istituto di credito carinziano, che aveva concesso un mutuo per la costruzione del complesso.
Un investimento che viene condotto dalla Ceit, società di costruzioni veneta, che conta fra i propri 114 soci la moglie del «Senatur», Manuela Marrone, il sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi e quello al Commercio estero Stefano Stefani. Una vendita contestata. L'asta, i cui termini dovrebbero essere disposti tra breve, era motivata dal fatto che la banca di Kalgenfurt, avvalendosi di una clausola contrattuale cosiddetta d'«inaffidabilità e non gradimento del debitore», aveva considerato morosa la Ceit per il fatto che questa aveva pagato con ritardo alcune rate del mutuo. Una motivazione che la società veneta ha definito «strumentale, tenuto conto che dal giugno 2000 in poi la Ceit aveva trasferito» nella costruzione del complesso circa 5 miliardi di lire. Nel frattempo però il tribunale di Fiume ha accolto l'istanza di sospensione chiesta dagli italiani.
Ma venerdì scorso la corte di Zagabria ha ribaltato la sentenza fiumana, dando ragione alla banca austriaca. Secondo la Ceit i giudici croati hanno annullato la misura cautelare dopo «le prevedibili pressioni svolte dalla componente bancaria, ovviamente infastidita dal fatto che il tribunale avesse ascoltato le ragioni del debitore». La sede «occupata». La Hypo Alpe Adria Bank, a quanto riferisce la Ceit, è passata immediatamente ai fatti, e lunedì mattina ha preso possesso della sede legale della Kemco, la società croata controllata al 100 per cento dalla Ceit che sta costruendo il residence. «Sono state estromesse - si aggiunge - le persone di fiducia della Ceit, mentre è stato revocato l' incarico al direttore della Kemco senza dargli il tempo di effettuare le normali consegne amministrative».
«E tutto ciò mentre è tuttora in corso - sottolinea la Ceit - una causa per l'annullamento dell'asta e delle possessorie per illegittimità delle iniziative della Hypo Bank». In altre parole, secondo la società veneta, si tratta di un comportamento «sproporzionato e eccessivo, che può avere come sola motivazione quella di annettersi un ulteriore vantaggio in una trattativa di liquidazione dei crediti della banca austriaca». «Non è infatti pensabile - osservano sempre alla Ceit - che la banca abbia agito così per tutelare i beni avuti in pegno visto che non è credibile che la Hypo Alpe Adria Bank abbia problemi di liquidità. Il valore delle unità costruite, inoltre, è destinato a crescere nel tempo e una lite giudiziaria brutta come quella in corso non rassicurerà certo nuovi investitori per cifre superiore ai 30 miliardi di lire».
Diplomazia al lavoro. C'è insomma qualche cosa che non quadra, per la Ceit. E torna quindi alla ribalta un'ipotesi che alcuni osservatori hanno subito definito «fantapolitica». Ovvero che dietro a tutto ci siano le avances agli austriaci arrivate da circoli sloveni che, controllando già la proprietà immobiliare di quella stretta striscia di territorio croato (da sempre rivendicata dai nazionalisti di Lubiana), potrebbero così acquisire un altro importante complesso immobiliare, in vista di future trattative territoriali.
E questo punto la Ceit non esclude che si profili un incidente diplomatico fra Italia e Austria. Ed ecco arrivare il monito della società veneta, che non esclude di ricorrere agli influenti soci di cui dispone per sbrogliare la matassa. «Buon senso vuole - fa intendere la Ceit - che le parti non siano interessate a alzare i toni della lite: gli autorevoli personaggi politici presenti in Ceit che fin qui hanno mantenuto il più stretto riserbo, continueranno probabilmente ad evitare schermaglie in cui potrebbero essere chiamate realtà finanziarie amministrative e politiche sia locali che internazionali».
Alessio Radossi