Il Piccolo 20-02-2002
Un sondaggio della People-Swg fotografa le opinioni della gente comune sulla legge elettorale in gestazione, confermando la sensazione dominante
Cade anche la pregiudiziale sulla «diversità» delle province, giudicata dai più di nessuna rilevanza
TRIESTE - Era un sospetto, adesso è una quasi certezza. La legge elettorale in via di approvazione dal consiglio regionale piace solo, e per giunta a denti stretti, alla maggioranza di centrodestra. Un sondaggio della People-Swg, commissionato dall'opposizione, che ha interpellato mille cittadini del Friuli Venezia Giulia non lascia troppi dubbi al riguardo: il 75 per cento si dichiara favorevole all'elezione diretta del presidente, non contemplata nella bozza in discussione, mentre anche la tesi della «diversità» tra le quattro province regionali che renderebbe preferibile, soprattutto a detta della Lega Nord, l'indicazione del presidente rispetto alla sua elezione diretta trova qui clamorosa smentita. Con percentuali diverse (Cristiano Degano, neopresidente della Margherita regionale, ammonisce sul fatto che «più ci si sposta verso Udine maggiore diventa il legame territoriale, ma qui bisogna essere consci delle dimensioni della regione») la questione del presidente friulano o giuliano o triestino viene giudicata di nessuna rilevanza da quasi il 70 per cento degli interpellati nella provincia di Udine, per non dire del 90 per cento degli stessi triestini e dell'80 per cento dei goriziani.
Regione di fronte a una possibile svolta epocale? Intanto bisognerebbe capire come ne verrà fuori la giunta Tondo, che oramai, sul tema, viaggia a vista. Potrà magari non fidarsi dei sondaggi, ma avrà pure un qualche «fiuto» politico. I numeri della ricerca Swg, del resto, lasciano ben poco spazio alle interpretazioni. Per la cronaca, le interviste sono state effettuate nei giorni dal 5 all'8 febbraio scorso. I 1000 maggiorenni intervistati si saranno dunque persi, magari, qualche puntata più recente della telenovela «elettorale», ma difficilmente, fino ad oggi, avranno cambiato idea su alcune posizioni fondamentali. Quella sul presidente eletto direttamente dai cittadini, ad esempio, filiazione spontanea del sistema che già da alcuni anni porta a individuare i vertici dei Comuni e delle Province. Sarà per questo, forse, che l'opzione ha trovato un successo così elevato.
La sposano, incondizionatamente, 74 triestini su 100, 73 udinesi, 77 pordenonesi e 79 goriziani. Singolare risulta, anche nell'attuale marasma e nella costellazione di opinioni differenti che riguarda l'argomento, la cosiddetta disaggregazione del voto. Difficile non stupirsi, infatti, di fronte alla considerazione che la tesi che privilegia l'elezione «popolare» del presidente piace più al centrodestra (79 per cento dei consensi) che non al centrosinistra (appena 67 per cento). Il mondo alla rovescia, visto che, in linea teorica, l'esecutivo di centrodestra sta portando all'approvazione un testo che oltre che essere, notoriamente, poco gradito a parecchi dentro la coalizione, sembra non godere di troppi consensi nemmeno tra gli stessi loro elettori. Interessante risulta anche il grado di attenzione riservato alla discussione in corso. Dal di fuori, uno potrebbe anche pensare che si tratta di questioni strettamente politiche, con un impatto molto limitato sull'opinione pubblica. Ed invece ecco i numeri a testimoniare che la differenza tra le due proposte (presidente eletto direttamente o solo indicato), risulta molto importante per un 26 per cento medio di residenti regionali, e importante per un altro buon 53 per cento.
Col che si arriva a un eclatante 79 per cento di persone che vogliono dire la loro sulla questione. Più o meno le stesse che, divise dalla distinzione «del tutto d'accordo» o semplicemente «d'accordo» si esprimono favorevolmente sull'elezione diretta del presidente. Più sofferte, invece, le proiezioni sul sistema che dovrebbe regolare l'eventuale uscita di scena, per dimissioni, di un presidente eletto direttamente. Qui sembra di essere a una vera lotta all'ultimo voto. Il 54 per cento, con minime variazioni percentuali tra le varie province, opterebbe in tal caso per nuove elezioni, il 46 per una nuova nomina da parte della coalizione di maggioranza. Quest'ultima ipotesi, nel voto disaggregato, piace soprattutto agli elettori di centro.
Di rilievo anche la proiezione sull'indicazione di voto in caso di referendum abrogativo. Il 54 per cento voterebbe a favore dell'elezione diretta, appena l'11 per cento contro, mentre il rimanente 35 per cento anticipa, per certi versi, il possibile astensionismo, dichiarando a priori l'intenzione di non partecipare alla consultazione, che peraltro non necessità del «quorum».
Una levata di scudi generale contro il governo regionale di centrodestra, dunque? Semmai, ed è questo un altro dato politico da tenere in considerazione, contro questo singolo provvedimento della giunta Tondo. Abbinata alle richiesta specifiche sulla legge elettorale, infatti, gli interpellati si sono trovati a dover esprimersi sull'eventualità di dover votare domani per le nuove elezioni regionali. E, sorpresa?, il centrodestra ne esce piuttosto bene, con un 51.3 complessivo da opporre al 34.4 per cento del centrosinistra, al 4.5 per cento di cui è accreditata Rifondazione comunista e al quasi 10 per cento delle altre formazioni minori. In crescita, nel centrodestra, rispetto alle ultime elezioni politiche vengono dati Forza Italia (che rastrella qua e là ben quattro punti percentuali) e An (+1.1 per cento) mentre la Lega Nord lascia per strada quasi tre punti. Bene, nel centrosinistra, i Ds, accreditati di un balzo in avanti di quasi cinque punti, mentre è decisamente più leggera la crescita di Rifondazione comunista, e la Margherita non sembra in grado, a nessun livello, di poter ripetere l'exploit delle «politiche» (21,8 per cento) e si trova più smilza di ben 10 punti.
Il fascino dei sondaggi rimane comunque quello di poter prestare il fianco alle interpretazioni più varie. Sarà interessante, ad ogni modo, scoprire come Forza Italia, An e Lega Nord conviveranno, in questi giorni che precedono l'approvazione del contestatissimo testo di legge, con la possibilità di dar vita a un provvedimento destinato, in partenza, al macero. Via referendum, con ogni probabilità.
Furio Baldassi