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Il Piccolo 24-03-2002

Il colosso di Stato Cosco ha soppresso la linea con l'Estremo Oriente e gli Usa. Il traffico ceduto all'israeliana Zim

Molo Settimo, la Cina se n'è andata

Augusto Cosulich: «Dalla città mi aspettavo aiuto, ho trovato ostilità»

Era arrivato a Trieste con grande entusiasmo, preferendoci a Venezia, nell'ottobre dello scorso anno, portando al Molo Settimo il colosso cinese di Stato Cosco (China Ocean Shipping Company), una delle prime cinque compagnie merci al mondo, e aprendo un ufficio commerciale in città. In pochi mesi, però, l'entusiasmo iniziale di Augusto Cosulich, amministratore delegato di Coscos (joint venture fra il gruppo armatoriale che affonda le sue radici a Lussino e la compagnia di stato cinese) si è completamente affievolito. Il traffico della linea bisettimanale con Estremo Oriente e Stati Uniti è stato così ceduto alla Zim, la compagnia israeliana che da anni «scala» il Molo Settimo.

L'amarezza traspare evidente dalla parole di Augusto Cosulich. «Abbiamo incontrato una certa ostilità da parte della città - racconta - dalla quale invece mi aspettavo un po' più di aiuto. In particolare, l'Autorità portuale ci aveva promesso alcuni sostegni, che poi non sono arrivati». Un dato di fatto, quest'ultimo, che può spiegare l'assenza dell'Authority, il 24 novembre scorso, alla conferenza stampa indetta dalla Tict al Molo Settimo in occasione dell'avvio della nuova linea con le navi Cosco.

Sottolinea Cosulich: «A differenza di Napoli e di altri porti - commenta - si vede che a Trieste preferiscono rimanere così come sono. Sul fatto che ce ne siamo andati, nessuno ha fatto il minimo commento». Disinteresse per nuovi affari da parte della città, dunque, ma anche il riscontro di una «litigiosità accesa, con la quale non vogliamo avere nulla a che fare. Siamo stati lasciati soli da tutti - precisa ancora Cosulich - indistintamente». A Napoli, dove la Coscos ha una delle basi in Italia, c'è invece una politica di aiuti alle imprese che «non ha eguali». Così alla società italo-cinese, che quest'anno prevede 300 mila container solo di traffico da e per la Penisola (scavalcando la Maersk, compagnia danese al vertice dello shipping mondiale) non è rimasto che lavorare sul Tirreno, potenziando la linea con gli Usa e creandone una per l'Africa Occidentale. «Evidentemente - aggiunge Cosulich - tutto ciò a Trieste non interessava».

Occasioni gettate al vento, che avrebbero invece potuto generare nuove opportunità a seguito della recente visita in Italia del ministro dei trasporti cinese. «Siamo stati costretti a fargli vedere solo Genova e Napoli - sottolinea Cosulich - Dopo lo schiaffo ricevuto, a Trieste non era il caso di portarlo. Così a Roma, nell'incontro con il suo omologo Lunardi, si è discusso di traffici solo con riferimento al Tirreno». Come se non bastasse il mancato arrivo del ministro dei trasporti, poco più di due settimane fa, quando l'ambasciatore cinese in Italia Cheng Wengdong ha incontrato i maggiori esponenti istituzionali ed economici cittadini, la Coscos non è stata nemmeno interpellata. «Il sindaco non ha avuto neanche l'accortezza di invitarci - precisa Cosulich - al punto che qualche giorno dopo l'ambasciatore cinese mi ha chiamato, meravigliato per non avermi visto a Trieste».

Giuseppe Palladini