Il Piccolo 02-02-2002
Marini (Ccd): «Forse qualcuno ha snobbato i rischi rappresentati dal referendum. Che Dio ce la mandi buona»
Il capo dell'esecutivo verrà solo indicato. Illy: «Hanno deciso? Non ci credo, cambieranno ancora idea»
TRIESTE - Non piace a nessuno, o quasi. Ma la voteranno tutti. Per ordini di scuderia. Per evitare tensioni nella coalizione. Perché, pare, così ha voluto Silvio Berlusconi in persona. La già abbastanza pasticciata legge elettorale, quella dell'indicazione e non della scelta diretta del presidente regionale, è pronta per la definitiva accelerazione e il voto. Manca, ma ormai è quasi una formalità, solo il parere del coordinamento di Forza Italia, in programma lunedì a Udine. Un summit che nasce monco in partenza, visto che, volenti o nolenti, anche i più riottosi tra gli azzurri si sono trovati a dire «obbedisco», perchè così va bene a Berlusconi. In controtendenza sembrano andare, a questo punto, solo il pordenonese Michelangelo Agrusti e i triestini ma il primo, appena ritornato sulla cresta dell'onda, difficilmente si incaponirà sulle sue posizioni, mentre è nota la capacità di adattamento dei secondi soprattutto se gli «ukaze» arrivano dall'alto.
Il consenso, insomma, dilaga. «L'atto fondante dell'attuale coalizione di governo - annota meticolosamente Renzo Tondo, che certo non può spacciarsi per un «fan» del testo normativo in questione - si basava e si basa su questo tipo di provvedimento... È vero, in passato ho espresso qualche riserva sui suoi contenuti, ma allo stesso tempo ho sempre sostenuto la bontà del lavoro che ha portato all'ultima bozza. Rimarrà quella? Ne prendo atto e non ne sono dispiaciuto». Asettico, controllato, Isidoro Gottardo del Cpr aggiunge che «si è trattata di una scelta politica, la conferma di un accordo», e che «almeno è servita, viste certe conversioni, a risolvere alcuni problemi interni alla maggioranza». Chi sembra esserci rimasto un po' male è il coordinatore di Forza Italia Ettore Romoli, non per motivi di scarso gradimento dell'articolato ma perché alcune fughe di notizie gli hanno tolto il piacere del «coup de theatre» che si teneva in serbo per lunedì. Così, pur preferendo non commentare le indiscrezioni, chiosa sul fatto che «An adesso obietta sul presidenzialismo e la Lega Nord è tetragona a cambiare il testo sul quale si era raggiunto l'accordo», fornendo in pratica una conferma indiretta. Rafforzata dalla frase successiva: «Mica possiamo cambiare le cose solo per rispondere ai diktat di Illy».
Riccardo Illy, già, vero convitato di pietra in tutte le trattative del centrodestra. Il deputato triestino e la sua più volte paventata discesa in campo in chiave elezioni regionali 2003 sono il vero spauracchio della Cdl. Ma il diretto interessato, sentite le ultime, può anche dar prova di pragmatismo. Della serie se non vedo non credo. «Fanno marcia indietro e vanno a votare quella legge? Mmmh - ridacchia l'ex sindaco di Trieste - non so, non è finita. Di contraddizioni ne hanno già palesate tantissime, adesso vedo che i presidenzialisti si dicono improvvisamente ben disposti verso questa legge-pateracchio... Non so, finchè c'è questa magggioranza non si sa a cosa credere. Di reale c'è solo che quel testo non può che sollevare la protesta dei cittadini turlupinati, ai quali viene negata l'elezione diretta del presidente che vogliono. E, si capisce, culminare magari in un referendum abrogativo».
Su quest'ultimo punto la calma olimpica palesata da Romoli non sembra trovare tanti epigoni tra gli alleati. Il nervosismo, anzi, è palese. «Credo che qualcuno abbia sottovalutato la pericolosità del referendum - afferma Bruno Marini del Ccd - sul quale non posso che auspicare che Dio ce la mandi buona!». Vero è anche che se sul presidenzialismo gli alleati cosiddetti minori non sembrano propensi a perdere il sonno, sullo sbarramento, e soprattutto sul perverso meccanismo dei resti che farebbe dei partiti piccoli solo della carne da cannone elettorale, la partita è apertissima. «Su quel punto siamo pronti a dare battaglia - anticipa Marini - anche se il Ccd non può certo cambiare il mondo. E' una questione di principio, comunque». Una conferma alle «intuizioni» di Illy su eventuali altri rimescolamenti?
Furio Baldassi