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Il Messaggero Veneto 03-02-2002

Nuove nubi sulla maggioranza: la destra rilancia il presidenzialismo. Saro: ci accorderemo

Legge elettorale, An vuole il referendum

Ciani: potremmo raccogliere le firme. L'incognita Antonione sul summit di Fi

di DOMENICO PECILE

UDINE - Alla vigilia del vertice regionale degli azzurri, chiamati a rinserrare le file per chiudere la partita sulla legge elettorale, il nuovo siluro all'interno della maggioranza parte da Alleanza nazionale. «Partito iper-presidenzialista per natura e vocazione», come lo aveva definito nei giorni scorsi Franco Baritussio, il partito di Fini fa sapere di essere pronto a rinunciare alle proprie tesi in nome della Realpolitik e dello spirito di coalizione. Ma avverte di essere anche pronto a scendere in piazza per raccogliere le firme in favore del referendum. Magari a fianco del centro-sinistra. L'"avvertimento" al resto della Casa delle libertà è affidato all'assessore alla protezione civile, Paolo Ciani: «La premessa politica - dichiara - è che all'interno di una coalizione è necessario ricercare sempre punti di convergenza. Detto questo, dico anche che non condivido la mediazione in atto e che, dunque, dissento, ma obbedisco». Fuori del politichese, questo significa che Ciani e, con lui, An voteranno per l'indicazione del presidente, ma che, nel contempo, «in caso di referendum, ci schiereremo in favore del presidenzialismo». Per Ciani si tratta di coerenza politica e non di uno sgarro nei confronti degli alleati: «Il presidenzialismo rappresenta un'importante battaglia condotta da An e dunque è impensabile tradire i nostri elettori. E non ho alcun timore a dire che non c'interessa proprio nulla se, in caso di battaglia referendaria, ci troveremo a fianco a fianco con i diessini». Ciani sostiene, infine, che quella sulla legge elettorale è e rimane una battaglia trasversale e che, dunque, ogni partito ha il diritto-dovere di mantenere le proprie peculiarità.

L'ultimatum di Ciani rappresenta anche la risposta alla Lega, che aveva minacciato la crisi nel caso la maggioranza avesse imboccato la strada del presidenzialismo. E sottolinea che «non sempre i patti vanno rispettati». Posizione, questa, condivisa anche da altri settori di Forza Italia, che non si sentono di seguire acriticamente Ferruccio Saro nella battaglia contro il presidenzialismo. Il partito delle colombe, di cui fanno parte lo stesso presidente della Regione, Renzo Tondo («sono per l'indicazione, ma metto in guardia il partito dal regalare al centro-sinistra tre mesi di campagna elettorale referendaria»), e il neosegretario provinciale di Pordenone, Michelangelo Agrusti, ha rialzato la testa proprio nelle ultime ore, contando anche sulla "benedizione" di Roberto Antonione. Il quale, tanto per far capire di quale umore sia, ha fatto sapere che difficilmente parteciperà al vertice regionale di lunedì prossimo.

Ferruccio Saro minimizza e assicura di non essere al corrente del fatto che Antonione ha scelto l'Aventino. E a chi gli dice che alla fine passerà la sua linea («no al presidenzialismo per non fare regali a Illy») lui replica sornione: «La mia linea? Non lo so». Poi sposta l'interlocuzione su Antonione: «Non mi pare che sia arrabbiato. Alla fine, sia nel bene sia nel male, io e Roberto andiamo sempre d'accordo».

E, mentre l'assenza di Antonione si fa già sentire (i più vicini al presidenzialismo come l'azzurro Giulio Staffieri, Bruno Marini del Ccd e Isidoro Gottardo del Cpr federato con Forza Italia), c'è chi, invece, sposta il dibattito e afferma che il vertice arriva in ogni caso troppo tardi. «Sono passati molti mesi - fa notare Gianni Fratte - e in questo periodo il dibattito è stato demandato a singole dichiarazioni sui media. Insomma, mi pare corretto che finalmente se ne parli nelle sedi più opportune». Intanto, sulla querelle irrompe nuovamente il segretario regionale dei Ds, Carlo Pegorer. «Alla faccia delle tanto decantate autonomia e specialità - argomenta -, apprendiamo che la maggioranza regionale, incapace di decidere, e fatto quindi appello alla sovranità romana, sarebbe in procinto di ottenere il via libera nazionale per proseguire lungo la strada del pasticcio elettorale regionale» (il riferimento di Pegorer corre dritto all'incontro fra Antonione e il collega nazionale della Lega, Roberto Calderoli). Insomma, «niente elezione diretta del presidente - chiosa Pegorer -, nessuna possibilità per i cittadini di scegliere chi li governerà. Si confermano, quindi, i giochetti delle consorterie e dei gruppi di potere».