Il Messaggero Veneto 28-01-2002
Legge elettorale: dopo la presa di posizione di Romoli, matura la svolta azzurra
Marini, Salvador e Dal Mas: la sola indicazione del presidente non basta
TRIESTE - Svolta presidenzialistica anche per il voto regionale dentro la Casa delle libertà, soprattutto dentro Forza Italia, o almeno in una parte significativa del partito, in vista dell'incontro di quest'oggi, a Udine. La maggioranza si ritrova, infatti, per discutere, ancora una volta, di legge elettorale. Il "partito" contrario al progetto cosí com'è stato licenziato dalla quinta commissione si schiera, sulla scorta delle anticipazioni del coordinatore regionale forzista, Ettore Romoli, ostile a soluzioni pasticciate sul modello dell'indicazione del presidente pur difeso, alle quali preferirebbe, piuttosto, il sistema adottato dalle regioni ordinarie.
Gli azzurri Dal Mas, Salvador e il Ccd Marini escono allo scoperto e, con toni piú o meno eloquenti, esprimono l'augurio che la Cdl adotti i necessari correttivi e, di fatto, opti per l'elezione diretta del presidente della giunta regionale. Molti, poi, sono disposti a scommettere che perfino il presidente Renzo Tondo, presidenzialista non da ieri, appoggi l'idea di una rilettura del progetto approvato in commissione dopo estenuanti mediazioni. L'obiezione più forte sta fuori il provvedimento: non è il caso di andare al referendum, scoprendo il fianco ai Ds e a Illy, offrendo loro su un piatto d'argento una precampagna elettorale facile facile.
«Discutendo in maggioranza dobbiamo partire da un concetto di cui parecchi sono già consapevoli: il testo approvato dalla commissione elettorale, frutto di una faticosa mediazione, non è assolutamente difendibile in una campagna referendaria. E dunque, giocoforza, va trovata una formula che renda più forte e più riconoscibile da parte dei cittadini il meccanismo dell'elezione del presidente perché la semplice indicazione contenuta nella bozza Molinaro-Zoppolato, appare inadeguata in ordine alla possibile evoluzione della vicenda». Il Ccd Bruno Marini, vicecapogruppo di Forza Italia non pronuncia ancora la parola "presidenzialismo", ma insiste sulla formula del "rafforzamento dell'elezione del presidente".
Ha ulteriori sassolini da togliersi dalle scarpe, il più grosso dei quali è l'utilizzo dei voti dei partiti minori ad esclusivo beneficio di quelli più grossi. "Sullo sbarramento dobbiamo fare un discorso molto chiaro: in termini politici possiamo accettare anche una soglia del 5%. Quello che non possiamo assolutamente tollerare, invece, sono i giochetti e le furbizie di qualcuno", insiste Marini. E chiarisce subito: "Voglio dire questo: se lo sbarramento fa sì che non vengano attribuiti seggi ai partiti che rimangono al di sotto del limite, non è pensabile che i voti da loro raccolti siano utilizzati per dare alla coalizione vincente il premio di maggioranza. Su questo, come Ccd, la nostra opposizione sarà decisa".
"Una legge elettorale deve raccogliere il più ampio consenso possibile, su questo siamo sempre stati d'accordo tutti. Perciò, nel momento in cui la proposta uscita dalla commissione trova tanta ostilità da parte dei Ds, e ancor più da parte di Illy, che si dichiara pronto al referendum, dobbiamo mettere al centro del nostro ragionamento non tanto la legge fine a se stessa, quanto il processo che verrebbe innescato da una consultazione referendaria", osserva Maurizio Salvador. "Io dico che il tema posto negli scorsi giorni da alcuni politici, e mi riferisco in particolare al discorso del "presidenticchio" fatto dal coordinatore pordenonese Michelangelo Agrusti, sia strettamente correlato ai passaggi che dobbiamo affrontare ora".
"E' necessario dare un governo forte e autorevole alla nostra regione. E la legge uscita dalla commissione ha, a questo proposito, dei punti di debolezza. Si pone sicuramente l'obiettivo di assicurare la governabilità, ma sembra in qualche modo sminuire l'autorevolezza del governo", prosegue l'esponente azzurro della Destra Tagliamento. "Sono convinto che sia molto difficile far capire ai cittadini di questa nostra regione il perché si è preferita l'indicazione del presidente rispetto all'elezione diretta. Lo dico a ragion veduta: tutte le persone con cui ho parlato, di centrodestra come di centrosinistra, hanno mostrato qualche difficoltà a capire i motivi di questa sottile distinzione".
"La Cdl ha mostrato di essere in grado di elaborare un testo coerente, che permette al corpo elettorale di indicare il presidente, e assicura la governabilità fondandola sul premio di maggioranza. Ma il problema, in questo momento, è altro: l'uso del referendum come strumento di propaganda", nota il suo collega Franco Dal Mas. "La consultazione rappresenta uno strumento di forte condizionamento della futura evoluzione della legge. Ed è ovvio che sarà la vera questione dirimente del dibattito politico. Paradossalmente rischiamo di ingaggiare un duello rusticano sul referendum, nell'assenza di un dibattito politico sulle criticità di questa regione".