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Il Piccolo 08-03-2001

L'Università sta completando uno studio per un convegno: «Pochi medici illuminati e una crosta di omertà»

La dolce morte rimane un tabù

Si riaccende il dibattito sull'eutanasia e sui diritti del malato terminale

La dolce morte. Tre avvenimenti portano alla ribalta anche della cronaca cittadina un argomento che è ancora tabù: la proposta di legge d'iniziativa popolare sull'eutanasia illustrata ieri in una conferenza stampa dagli esponenti locali della Lista Bonino, un seminario sul «passaggio gentile» che si terrà sabato e domenica all'associazione «Tra terra e cielo» in via Geppa 2, e soprattutto l'ormai prossima conclusione di un saggio sui diritti di chi sta per morire al quale sta lavorando in particolare il professor Paolo Cendon, docente di diritto privato nella facoltà di Economia della nostra università.

Il dibattito investe vari aspetti, anche se il punto più discusso è quello dell'eutanasia a cui la chiesa cattolica è fermamente contraria. A fine dello scorso novembre l'Olanda è stata il primo Paese al mondo a legalizzare l'eutanasìa. In Tasmania, il mese scorso, un gruppo di anziani sani ha partecipato a un corso sull'eutanasia diretto da Philip Nitschke, noto come il «dottor Morte» australiano. In Oregon una legge ammette l'uso limitato dell'eutanasìa per malati terminali. Svizzera, Belgio e Colombia tollerano la pratica, ma non intendono legalizzarla.

Il primo plauso alla decisione olandese è venuto da Indro Montanelli. Un anno fa, ospite della comunità Finis Terre, il vescovo Ravignani si era invece così espresso sull'eutanasìa: «La vita di una persona non può essere nelle mani di un altro uomo. Capisco il dolore di chi assiste impotente alla sofferenza di un malato terminale, eppure non è possibile per alcuno disporre della vita altrui. Altro discorso va invece riservato per quell'accanimento terapeutico al quale qualcuno può ragionevolmente opporre il proprio disappunto.»

E l'opposizione all'accanimento terapeutico è uno dei punti basilari di una specie di decalogo per i diritti di chi sta per morire in via di elaborazione appunto dall'università di Trieste che lo proporrà poi anche alle forze politiche. Il primo diritto è quello di non soffrire che include la terapia del dolore e il ricorso alla morfina. Si insiste sulla necessità di essere informati sulla malattia, sul diritto al consenso per qualsiasi intervento medico, il diritto alla tutela della propria privacy, il diritto che vengano eseguite le direttive date in anticipo anche quando il malato è incapace di intendere e di volere, il diritto del malato a non essere «sequestrato» in senso sia fisco che psicologico dalla famiglia. Sembrerà macabro, ma il malato deve aver anche il diritto di disporre della sorte del proprio cadavere, in particolare della donazione degli organi e dell'eventuale cremazione.

«Al di là dell'intelligente opera di alcuni medici illuminati - spiega Paolo Cendon - su questi problemi manca una sensibilità collettiva anche perchè c'è una crosta di omertà.» Un convegno che si terrà tra settembre e ottobre dopo la pubblicazione del saggio sull'argomento dovrebbe incominciare a fenderla.

Silvio Maranzana