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Il Messaggero Veneto 21-12-2001

Il sindacato ha approfondito le ripercussioni in Friuli della ventilata revisione dello statuto dei lavoratori

Cisl: 30 mila a rischio licenziamento

Da uno studio i possibili effetti della modifica dell'articolo 18 sull'occupazione

di FEDERICA BARELLA

UDINE - Le modifiche all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori proposte dal Governo, cioè la non obbligatorietà da parte di un'azienda con più di 15 dipendenti al reintegro nella stessa del lavoratore licenziato, è un provvedimento che il Governo dovrebbe cancellare per il Friuli-Venezia Giulia, regione in cui, piuttosto, i provvedimenti per il mondo del lavoro dovrebbero essere ben altri. E' questo l'appello che, cifre alla mano, lancia il sindacato Cisl regionale.

La modifica dell'articolo 18 potrebbe mettere a rischio in Friuli-Venezia Giulia il rapporto di lavoro di 30-40mila lavoratori, secondo lo studio o realizzato dalla Cisl regionale e curato in particolar modo da Paolo Moro e dal segretario regionale Norberto Urli. «Si tratta di una cifra notevole, se non addirittura eccessiva, per un provvedimento che comunque nel suo complesso in Friuli-Venezia Giulia produrrebbe soltanto danni e non solo per il numero di persone coinvolte». I sindacalisti della Cisl ne sono certi: il provvedimento relativo alle modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è del tutto fuori misura per la realtà lavorativa ed economica del Friuli-Venezia Giulia.

«Nella nostra regione - spiega Paolo Moro - i motivi chiamati in causa da governo e industriali per una eventuale modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori non esistono. Non vi è infatti necessità di far emergere il sommerso in quanto in Friuli il lavoro in nero al limite interessa qualche persona e non intere aziende. Il provvedimento poi dovrebbe interessare le aziende che superino i 15 dipendenti. Ma la nostra realtà è formata soprattutto da aziende medio-piccole, per non dire piccole, dove il numero dei lavoratori dipendenti non supera in realtà le 4 o 6 unità. Infine - precisa ancora Paolo Moro - c'è il rischio che essendo la nostra realtà caratterizzata da un crescente numero di dipendenti a tempo determinato, questa modifica dell'articolo 18 venga utilizzata in senso negativo per assumere in via definitiva i dipendenti, ma senza la tutela della clausola sui licenziamenti prevista dallo statuto».

Per questo la Cisl ha deciso di far sentire la sua voce, chiedendo sia alle forze politiche locali, sia ai sindacati anche a livello nazionale di arrivare piuttosto all'approvazione di provvedimenti diversificati nelle varie zone d'Italia. «La nostra situazione lavorativa - spiegano i sindacalisti della Cisl - è simile a quella del Nord-Europa, mentre quella delle regioni del Sud è completamente diversa. Il Governo quindi deve capire che in materia di politiche del lavoro non può tagliare un unico vestito per tutte le regioni d'Italia, e pretendere che vada bene dappertutto». Il rischio reale, sottolinea ancora la Cisl, è che la quota del mercato del lavoro a tempo determinato (che in Friuli-Venezia Giulia interessa già il 60 per cento degli occupati) aumenti ancora, per poi essere trasformata in blocco in contratti a tempo indeterminato, ma senza la tutela dell'articolo 18. «Il nostro è stato uno studio di simulazione - precisa Paolo Moro -. Ma purtroppo la realtà non sarebbe molto diversa dalle nostre proiezioni. Da qui la necessità di arrivare ad ostacolare l'applicazione della modifica dell'articolo 18 in Friuli-Venezia Giulia. La nostra economia, i nostri lavoratori e i nostri stessi imprenditori hanno bisogno di ben altro per essere supportati nello sviluppo».