IL Piccolo 30-10-2001
Roma non vuole riaprire i conti del passato, ma chiede il rispetto del principio europeo di non discriminazione
LUSSEMBURGO - Chi pensava in un «disgelo» europeo del dissidio in atto tra Italia e Croazia è rimasto deluso. Perché adesso, dietro il «caso Zara», spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli esuli. Il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero qui a Lussemburgo ha dapprima apposto la sua firma, assieme a quella degli altri suoi 14 «colleghi», al trattato di associazione e di stabilizzazione della Croazia all’Ue, poi ha rotto il lungo silenzio con cui la Farnesina ha fin qui seguito l’evolversi degli eventi relativi al conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943). E dalle sue parole è emerso chiaramente che il contenzioso è lungi dall’essere risolto.
Che le cose fossero in evoluzione lo si era capito dalle dichiarazioni fatte in mattinata dal sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione. Il quale ha definito la situazione «molto delicata», resa vieppiù «difficile in quanto è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Comunque, ha concluso Antonione - che della questione ha investito anche il vicepremier Gianfranco Fini - «la Farnesina sta lavorando». Detto e fatto. Non ha dubbi, infatti, il capo della diplomazia italiana che in serata esterna sul contenzioso in atto. Il caso Zara? «È solo una bolla di sapone», risponde secco il ministro Ruggiero. Il quale poi si dice «sorpreso della reazione di Zagabria». Quella della medaglia d’oro «era un’idea - precisa - che volevamo verificare con il governo croato, perché volevamo lanciare un’iniziativa congiunta per superare i tristi ricordi della storia».
Il ministro non lo dice, ma la Farnesina è rimasta incredula al fatto che la Croazia abbia reagito così seccamente a quella che è stata un’anticipazione di stampa (fatta da «Il Piccolo» ndr.) che comunque «andava verificata - dice Ruggiero - a livello bilaterale». «Si tratta comunque - ripete il ministro - di un’iniziativa che l’Italia voleva portare avanti assieme al governo di Zagabria come simbolo di rappacificazione e non per fomentare nuovi revanscismi». Caso chiuso, dunque? Neanche per idea.
Perché al di là della medaglia ecco rispuntare il problema dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. E qui Ruggiero vuole che non sorgano equivoci di sorta. Così circa la volontà croata di non negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione e amicizia il ministro ci tiene a precisare che piuttosto è l’ Italia «ad avere difficoltà» a firmare. «Noi siamo determinati - spiega chiaramente il responsabile della Farnesina - a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni sequestrati agli esuli ed è chiaro che l’Italia deve assumersi l’onere del rimborso. Quello è un capitolo chiuso, ”pacta sunt servanda”. Abbiamo chiesto però - aggiunge subito dopo Ruggiero - come gesto morale a favore degli esuli che ci sia un impegno della Croazia per un adeguamento della sua legislazione interna a quella comunitaria, con particolare rilievo al principio di non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà da parte dei croati, difficoltà che noi non comprendiamo».
Roma, insomma, non vuole che nella legge di denazionalizzazione in gestazione al «sabor» croato vi sia una preclusione a godere dei diritti da questa sanciti in base alla nazionalità. Laddove anche un esule italiano ricadesse nei termini di legge, dunque, dovrebbe a rigor di logica del ministro Ruggiero e dell’Ue, essere trattato alla stregua di qualsiasi altro cittadino croato.
Il ragionamento italiano si sposta così sul versante europeo. Il ministro degli Esteri sottolinea, infatti, come proprio in base all’accordo di associazione e stabilizzazione firmato ieri qui a Lussemburgo con l’Unione europea la Croazia è tenuta «ad accettare il principio di non discriminazione». «Bisogna dunque - spiega ancora Ruggiero - chiarire questo punto, che non è una rivendicazione materiale e non riguarda il passato, ma il futuro. A noi questo sembrava un atto dovuto. Non è una concessione quella che chiediamo. Pensavamo che ci fosse già stato un accordo durante la visita del Presidente Ciampi a Zagabria, ma ora è stato rimesso in gioco». Alla fine Ruggiero non chiude la porta in faccia alla Croazia. «Non ritengo - conclude il ministro - che si debba drammatizzare, perché il nostro spirito è quello di chiudere con il passato, tenendo conto però - puntualizza - del debito morale con i nostri esuli».
Roma, dunque, non fa distinzioni. La stessa formula presentata a Lubiana è stata proposta a Zagabria. Ma sia Slovenia che Croazia non hanno dimostrato di voler inghiottire un boccone che resta, per la sensibilità dei rispettivi popoli, ancora troppo amaro per essere ingoiato. E il contenzioso continua.
Mauro Manzin