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Il Piccolo 11-12-2001

L'annuale studio dell'Istat «fotografa» l'Italia e i suoi abitanti. La disoccupazione cala ma nel Mezzogiorno resta sempre un'emergenza Lavoro,

Friuli-Venezia Giulia freno del Nordest

In regione il tasso dei lavoratori senza impiego è del 4,6%. Una «spinta» dal settore dei servizi

ROMA - È vera e propria emergenza-disoccupazione nel Mezzogiorno d'Italia, considerato che nel 2000 il tasso di disoccupati nel Sud è arrivato a essere per gli uomini ben 4,2 volte superiore rispetto al Centronord, mentre l'anno prima questo valore era risultato pari a 4,0. Sono queste le indicazioni fornite ieri dall'Istat nell'ambito dell'annuario statistico italiano, che fa il punto dettagliato anche sulla situazione del mercato del lavoro, sottolineando che in ogni caso nel complesso del Paese il tasso di occupazione registra una crescita costante a partire dal '96. In Friuli-Venezia Giulia, il tasso si è attestato al 4,6%. Se questo è lo scenario generale, rimane però irrisolto il dramma della disoccupazione meridionale.

L'istituto di statistica fa presente peraltro che nel 2000 il rapporto fra persone in cerca d'occupazione e forze di lavoro nel Mezzogiorno si è portato nella media annua al 21%, un punto percentuale in meno rispetto a un anno prima. Ma al contempo si è appunto accentuato il differenziale fra Sud e Centronord, considerato che per quanto riguarda i maschi il tasso di disoccupazione è cresciuto ancora fino a essere più di quattro volte superiore, mentre per quanto riguarda le donne il tasso è adesso ben 3,6 volte più elevato rispetto al resto del Paese (3,2 nel '99). Nella media italiana, nota l'Istat, lo scorso anno il tasso di disoccupazione è risultato del 10,6%, vale a dire otto decimi di punto in meno rispetto a un anno prima. Nel Nordovest, in particolare, si è scesi dal 6,0% del '99 al 5,3%, nel Nordest si è passati invece dal 4,6 al 3,8%, nel Centro dal 9,2 all'8,3%, mentre nel Mezzogiorno si è avuta un lieve discesa dal 22% appunto al 21%.

Tornando ai dati nazionali, nella media annua riferita al 2000 il numero degli occupati corrisponde a 21.080.000, con un aumento su base annua di 388mila unità, cioè +1,9%. Nel '98 e nel '99 l'incremento percentuale era stato minore, rispettivamente dell'1,1 e 1,3%. Il contributo sostanziale a questa dinamica positiva è venuto peraltro dal comparto dei servizi, in cui gli occupati in più nel 2000 sono stati 386mila, cioè +3,0%. Al contrario, l'industria in senso stretto ha segnato una flessione di mezzo punto percentuale e l'agricoltura registra una contrazione dell'1,3%.

Per l'Istat sempre nel 2000 le forme tradizionali d' impiego, vale a dire il tanto bistrattato «posto fisso», hanno registrato una rimonta: questa componente pesa per ben otto decimi di punto sull'1,9% d 'aumento generale dell'occupazione in Italia. Un terzo dei nuovi posti di lavoro è stato occupato quindi da lavoratori assunti con contratti-standard, mentre nel '98 e nel '99 l'apporto del «posto fisso» era stato «del tutto marginale». La Calabria resta la «pecora nera» dell'occupazione italiana (tasso di disoccupati del 26%) mentre il tasso minore si riscontra in Alto Adige: solo il 2,1%. L'Emilia-Romagna vanta inoltre una performance molto positiva: il 4,0% di disoccupati, a ridosso dei livelli d'eccellenza delle Province di Trento e Bolzano.