La Repubblica 15-10-2001
PAOLO POSSAMAI
La testa di Giancarlo Elia Valori è ruzzolata sotto a un tavolo da gioco in cui la posta ammonta grosso modo a 10 mila miliardi. Al Piano finanziario di Autovie Venete, che gestisce la VeneziaTrieste, vanno sommate la autostrada VeneziaRavenna, la superstrada a pagamento pedemontana, il Passante di Mestre e relativo tunnel. La nuova infrastrutturazione del Nordest, promessa da Silvio Berlusconi in persona con la firma a un protocollo con la Regione Veneto il 9 agosto scorso, dovrebbe avvenire in project financing. A realizzare le opere si candida un pool di società autostradali nordestine, capeggiato dalla dinamica BresciaPadova (alias Serenissima).
Entro la fine di ottobre il governo dovrà esprimersi, legge Merloni ter alla mano, sulla proposta di project financing per il Passante di Mestre presentata da Serenissima, assieme alla partecipata VeneziaPadova, e con l’assistenza delle banche Antonveneta, Cardine, Cariverona. L’iniziativa è contrastata non solo da Vito Gamberale, amministratore delegato della benettoniana Autostrade spa, ma anche da Autovie. Esiste un asse evidente fra Gamberale e friulani, che assieme hanno cooperato contro il loro comune presidente (Valori è anche presidente di Autostrade spa).
Gamberale e la Regione Friuli, che detiene l’86,5% delle quote di Autovie, non si fanno sedurre dalle garanzie di essere coinvolti nel pool appena sarà tempo di passare alla fase esecutiva. Autostrade e Autovie chiamano in causa un altro protocollo, quello firmato a Venezia il primo agosto 1997 dall’allora premier Romano Prodi. Quel testo sanciva che costruzione e gestione del Passante dovevano essere affare delle tre concessionarie i cui rami confluiscono oggi nella bolgia chiamata tangenziale di Mestre: i convocati sarebbero quindi PadovaVenezia, Autovie e Autostrade spa. Tanto tengono Gamberale e i friulani all’accordo Prodi che minacciano di ricorrere al Tar contro il documento Berlusconi, il che rischierebbe di inchiodare la nuova stagione dei grandi appalti nordestini.
I gesti di belligeranza, da parte dei friulani nei riguardi dei cugini veneti, si sprecano. La Regione Veneto, che di Autovie detiene il 4,3%, ha sinora avuto un paio di consiglieri e la vicepresidenza (su 12 membri). I friulani hanno riscritto la norma dello statuto che regola l’elezione dei consiglieri, introducendo il sistema proporzionale puro e scatenando uno scontro politico e istituzionale senza precedenti fra due Regioni governate entrambe dalla Casa delle libertà. L’intero prossimo Cda sarà composto da friulani. La Regione Friuli tanto ha fatto e tanto ha minacciato che s’è dimesso metà del Cda, rimanendo in carica i due consiglieri espressi dal Veneto, un friulano di matrice An (Cesare Strisino), l’amministratore delegato friulano tesserato Forza Italia (Giovanni Tassan Zanin), l’ esponente del socio privato Gruppo Gavio (Francesco Baudone). La Regione Friuli avrebbe voluto la decadenza del Cda, non avendo il coraggio di procedere a una revoca degli amministratori. La stessa Giunta regionale PoloLega era a rischio su tale partita.
Chiusa l’assemblea a Trieste, i sei rimasti in carica si sono ritrovati al ristorante "Ai fiori". Valori ha confidato allora ai suoi fedeli: "Non so capire che cosa abbiamo pestato, che congegno senza sapere abbiamo azionato. Ma è una cosa grossa, ci vogliono mandare via a tutti i costi". Valori ha organizzato la resistenza armata, chiamando al telefono mezzo mondo. "Antonio, caro Antonio, sei tu? Ho bisogno di un parere urgentissimo. Vorrei che tu chiarissi l’interpretazione dello statuto di Autovie…".
Antonio di cognome fa Baldassarre. Il presidente emerito della Consulta non ha mancato di raccogliere l’appello dell’amico Valori e ha prodotto un parere pro veritate in cui assevera che la metà del Cda rimasta in sella poteva cooptare nuovi membri a coprire i sei posti vacanti. Due giorni dopo, domenica mattina a Roma, Valori ha cooptato Dominick Salvatore, Vincenzo Sinagra, Silvio Cosulich, Massimo Colomban, Gianluigi Cecchini e Gianni Pasquarelli. Ma il giorno appresso Valori ha inviato la sua lettera di dimissioni, stanco di "combattere contro una banda di parrucchieri prestati alla politica". Chissà cos’è avvenuto nel pomeriggio di domenica, da far cambiare idea al professor Valori. Ai suoi diceva di voler restare fino alla fine, anche per vigilare sulla privatizzazione di Autovie. "I prossimi mesi, forse, potranno dirci se quanto accaduto sia funzionale all’interesse di Autovie, ovvero ad altri interessi, molto meno nobili, che sottendono all’ idea di mantenere una società deprezzata", dice Tassan Zanin. La posta in gioco deve di necessità essere grossa, non solo roba di poltrone. I friulani hanno messo in conto strascichi giudiziari. Baudone dice: "Mi stanno accompagnando alla porta del tribunale. Deciderà il giudice civile se c’è materia per il suo collega penale".