Il Messaggero Veneto 25-03-2002
Intervista al leader della Quercia, oggi nell'Isontino dopo la grande manifestazione della capitale Fassino: Cofferati non è un rivale
di ANTONIO RINALDI
UDINE - Dopo la più grande manifestazione di tutti i tempi, il centro-sinistra si scopre più forte nella società e avverte segnali di riscossa. La straordinaria partecipazione al corteo romano avrà un peso sulla vicenda politica italia dei prossimi mesi. Secondo Piero Fassino, segretario dei Ds, che oggi sarà a Gorizia, «la grande manifestazione ha dato due forti segnali: il primo, che i lavoratori italiani sono contro il terrorismo e che sono una forza essenziale di difesa della democrazia; il secondo, che vogliono battersi democraticamente per i propri diritti e non rinunciare all'articolo 18».
Onorevole Fassino, c'è la sensazione, però, che il movimento sindacale abbia scavalcato il movimento politico.
«Ma perché, chi crede che fossero quelli che erano lì in piazza?».
È una tesi sostenuta da Cossiga...
«Questo non vuol dire che sia il Vangelo. Chi erano quelli in piazza? Quelli in piazza erano in gran parte elettori del centro-sinistra, in una buona misura dei Democratici di sinistra. C'erano decine di migliaia di nostri iscritti. Io ho firmato durante il corteo migliaia e migliaia di cappellini e tessere del nostro partito e del sindacato. È la nostra gente quella, è la stessa gente che il 2 marzo era in piazza San Giovanni alla manifestazione dell'Ulivo. Non c'è una differenza».
Ed è la stessa gente dei girotondi.
«Anche. È il popolo del centro-sinistra che esprime la sua volontà di difendere la democrazia dagli attacchi terroristici e al tempo stesso esprime la sua opposizione a Berlusconi. Ripeto, è la gente che in questi mesi ha dato fiato e forza all'opposizione e che guarda al centro-sinistra».
Cosa risponde alla tesi di Tremonti secondo il quale lei sarebbe il grande sconfitto?
«È una sciocchezza del tutto maliziosa con cui Tremonti cerca soltanto di seminare zizzannia, ma che non è fondata su niente, perché la gente che l' altro ieri era in piazza è la mia gente. Era lì non per tifare per Cofferati contro Fassino, così come in piazza San Giovanni il 2 marzo nessuno tifava per Fassino contro Cofferati».
Questa manifestazione ha mandato un segnale al governo?
«Mi pare proprio di sì; ha mandato il segnale di un movimento sindacale che è disposto a discutere, ma non a rinunciare a dei diritti. Se il governo vuole davvero riaprire un dialogo, tolga dal tavolo del confronto fra le parti la modifica dell'articolo 18».
Articolo 18 a parte, c'è il problema più generale della flessibilità anche in Europa.
«Credo che vada detto con molta chiarezza che essere contro la modifica dell 'articolo 18 non significa affatto essere contro la flessibilità e le riforme del mercato del lavoro. Intanto ricordo che i governi del centro-sinistra hanno introdotto notevoli misure di flessibilità, ma non hanno mai ridotto i diritti dei lavoratori. Questa è la differenza con il centro-destra. In sostanza, noi siamo favorevoli a riformare l'indennità di disoccupazione, la cassa integrazione, le regole che presiedono al mercato del lavoro, introducendo un più stretto legame tra formazione e occupazione, anche perché se si vuole che un lavoratore accetti di cambiare spesso lavoro è necessario dargli la formazione necessaria. In altri termini, si tratta di garantire flessibilità alle imprese senza che questo significhi riduzione di diritti per i lavoratori».
Insomma bisogna ridefinire lo Statuto dei lavoratori.
«Siamo disposti a ridefinire l'insieme dei diritti che riguardano tutti i lavori, considerato che lo statuto di oggi copre soltanto una parte dei lavoratori. Di questo noi siamo pronti a discutere, perché in effetti il mercato ha bisogno di essere modernizzato. Tuttavia il governo non propone questo, pensa semplicemente di togliere un diritto senza mettere mano alle riforme vere».
Lei domani viene a Gorizia, dove si voterà per le amministrative.
«Vengo per sostenere le forze del centro-sinistra in una battaglia difficile, ma che vogliamo combattere fino in fondo contro questo governo incapace di praticare la propria politica senza produrre conflitti. Ogni giorno, in ogni settore in cui palazzo Chigi mette mano seguendo il suo programma, si producono lacerazioni. Sull'articolo 18 c'è lo scontro con il sindacato; sulla giustizia si sta andando verso lo sciopero dei magistrati; sulla scuola le proposte della Moratti sono aspramente contestate da una parte larga di insegnanti; sull'immigrazione abbiamo visto i problemi che si sono posti. Parallelamente, di fronte a un centro-destra che produce contrasti nella società, l'opposizione cresce. La grande manifestazione di ieri, quella di piazza San Giovanni, il successo degli scioperi sindacali, i girotondi, il movimento nella scuola hanno creato un clima nuovo anche per le elezioni del 26 maggio. Ora ci sono maggiori possibilità per il centro-sinistra anche in una consultazione amministrativa. Perciò lavoriamo per raccogliere più consensi e vincere in quante più città possibile».
L'anno prossimo ci saranno le regionali. L'altro ieri Enrico Letta, all' assemblea della Margherita, ha fatto il nome di Illy come candidato del centro-sinistra in Friuli-Venezia Giulia. Che ne pensa di questa ipotesi?
«Che è un'ottima ipotesi e naturalmente io auspico che Illy accetti, perché è un uomo prestigioso per come ha fatto il sindaco di Trieste. Illy può raccogliere un consenso vasto perché è un uomo che appartiene al centro-sinistra, ma che ha sempre anche mantenuto un profilo autonomo, è un imprenditore di successo».
Un'ultima domanda. In Friuli hanno votato la riforma elettorale e il centro-sinistra ha annunciato un referendum. Lei che ne pensa?
«Soprattutto è una legge di riforma elettorale che va in controtendenza con la legge nazionale. Tutte le leggi nazionali vanno verso un sistema di tipo maggioritario bipolare, invece in Friuli viene proposta una legge che ci riporta al proporzionalismo puro. Per questo noi riteniamo che sia necessario consultare i cittadini perché in questa legge c'è una contraddizione evidente tra il sentire della gente, favorevole a una semplificazione del sistema politico, e la scelta fatta dai partiti del centro-destra di tornare al passato».