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Il Messaggero Veneto 08-01-2002

Il saldo tra vendite all'estero e importazioni è nettamente migliorato. In recupero l'attività all'Est

Export, in Friuli cresce del 12%

Nel 2001 il comparto è aumentato più della media nazionale e del Nord-Est

UDINE - L'allarme era stato dato alcuni mesi fa: il rallentamento dell'economia trovava una significativa conferma in Friuli Venezia Giulia nella flessione dell'export, l'indicatore più sensibile per un universo produttivo che - tradizionalmente orientato ai mercati esteri - esporta mediamente il doppio di quanto importa. Se flessione c'è stata (e sicuramente c'è stata in termini assoluti, cioè rispetto all'anno scorso, e non congiunturali), è stata però temporanea e concentrata in particolare dopo l'11 settembre, nonostante la paralisi del nostro maggior mercato di riferimento, l'area del marco. Ma i dati conclusivi in ragione d'anno - evidenziati dall'ultima rilevazione dell'Assindustria di Udine - mettono in risalto proprio il recupero delle esportazioni che, a partire dall'estate, ha fatto del Friuli - come è stato detto in sede di consuntivi - la locomotiva d'Italia.

Quest'incremento, anzi, è stato indicato come uno dei paradigmi più significativi di una prossima fuoriuscita dell'economia dal tunnel della crisi, assieme all'accelerazione degli investimenti da parte delle imprese. Anche in questa seconda voce il Friuli si conferma nelle posizioni di testa del Nord-est, risultato tanto più significativo quanto meno influenzato dai fattori negativi esterni, che hanno condizionato la congiuntura globale, a cominciare dagli attentati dell'11 settembre per finire con la recessione tedesca.

Ma torniamo all'export. Nel 2001 le esportazioni della provincia di Udine hanno - come noto - registrato un incremento del 6,4%, da 2 miliardi 240 milioni di euro circa a 2.440 milioni, in misura decisamente superiore all'aumento registrato a livello regionale (+2,2%), ma anche nel Veneto (+4,7%), nel Nord-est (+4,8%) e nella media nazionale (+5,2%). Non tutti i settori, ovviamente, hanno prospettato esiti simili. Un ruolo trainante ha esercitato la meccanica, le cui esportazioni sono salite del 14,3%, da 1.827 miliardi di lire (915 milioni di euro circa) a 2.088 miliardi 1,1 miliardi di euro all'incirca); ma bene sono andati anche i prodotti alimentari (+7%) e quelli del comparto tessile (+2,6%). Complessivamente, il saldo attivo è sensibilmente aumentato, da 2204 miliardi di lire a 2481 (rispettivamente 1,150 e 1,3 miliardi di euro) con un incremento del 12,1%. Di conseguenza - fa presente l'Associazione degli industriali friulani - il saldo normalizzato della bilancia del sistema (ovvero il rapporto tra esportazioni ed importazioni), indicatore della sua competitività, è migliorato dallo 0,31 allo 0,34%.

Ma vediamo in dettaglio la distribuzione di questi dati. Se, mediamente, le vendite in Italia sono cresciute del 4,2%, il contributo delle vendite all'estero segnala un aumento di quattro volte superiore, pari al 16,3%. Anche in questo caso, sulle tendenze emerse ha influito il comparto tecnologicamente più attrezzato, cioè quello delle macchine elettriche ed elettroniche, che hanno registrato un balzo del 58,3% nel secondo trimestre e del 45,2% nel terzo per quanto riguarda le vendite in Italia; e addirittura un boom del 124% nel secondo trimestre e del 47,4% nel terzo per quanto riguarda le vendite all'estero.

Note meno positive sono invece venute dai settori più tradizionali dell'apparato produttivo friulano. Sono infatti diminuite le esportazioni di legno e mobili (-6,4%), dei prodotti della carta (-23,7%) e del comparto pelli e cuoio (-30,2%). Rispetto a questa evoluzione complessiva l'andamento degli ordinativi è stato simmetrico: +12,9% nel secondo trimestre (con picchi, però, del 90% per le macchine elettriche ed elettroniche) cui corrispondono forti incrementi delle vendite nel secondo e nel terzo trimestre. Al di là, dunque, delle asimmetrie che l'incidenza del comparto delle macchine elettriche ed elettroniche ha generato, i dati concernenti l'esportazione appaiono tranquillizzanti rispetto alla sostanziale tenuta dell'industria regionale.

Diversi, invece, i ragionamenti per quanto riguarda l'intera regione. Il dato "grezzo" in sé - fanno notare gli industriali friulani - potrebbe ingenerare dubbi sulle prospettive dell'industria del Friuli-Venezia Giulia, per la quale le relazioni con i mercati esteri costituiscono da sempre un fattore decisivo di sviluppo. Qui le esportazioni tra gennaio e settembre del 2001 sono cresciute di un modesto 2,2% (a fronte del 16,4% registrato nello stesso periodo del 2000), precisamente da 6,4 miliardi di euro a 6,5, mentre a livello nazionale sono salite del 5,2%, del 4,8% nel nord-est e del 5,7% nel Veneto. Come detto, queste percentuali prospettano ritmi notevolmente inferiori di quelli segnalati l'anno scorso (+16,8% nella media nazionale del 2000, +16,9% nel nord-est e +14,2% nel Veneto).

Questi dati contraddicono la premessa soltanto in apparenza. A parte la difformità del confronto (da una parte la provincia di Udine, dall'altra il Friuli Venezia Giulia), è doveroso precisare che si tratta di dati influenzati dalla cantieristica navale, la quale ha segnato una flessione nelle esportazioni di oltre 300 milioni di euro (meno 37,4), da 850 milioni di euro a poco più di 500. Se però neutralizziamo le cifre di questo comparto merceologico, il risultato cambia di segno in maniera significativa. Abbiamo allora un trend dell'8%, ancorché nettamente inferiore al più 11,4% registrato nello stesso periodo dell'anno scorso, sempre al netto delle costruzioni navali che tra gennaio e settembre del 2000 erano cresciute del 68,8%.

Questo trend è ancora più significativo ove si consideri il secco rallentamento del comparto legno e mobili (come detto, meno 2,9%, da 2721 miliardi di lire a 2642). Al contrario, la meccanica ha fatto segnare un aumento delle esportazioni del 14,3%, come detto, grazie al recupero dei prodotti in metallo (più 20,4% da 377 a 453 miliardi), e al sostenuto andamento del comparto delle macchine ed impianti (+23,3% da 1044 a 1287 miliardi), compensata dalla flessione delle macchine e degli apparecchi elettrici che ha marcato un decremento da 221 a 165 miliardi. Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle esportazioni, il primato tocca ancora all'Europa comunitaria, in particolare all'area del marco, che resta il nostro mercato di sbocco preferenziale.

Qui però - stante le difficoltà congiunturali - abbiamo perduto quasi tre punti, a seguito della riduzione della quota relativa dal 60,7 al 57,8%, mentre è cresciuta dal 9,9% al 10,3 la quota dei Paesi dell'Europa orientale. Diminuito anche il peso dell'America (dal 14,2 al 12,5%) e del Levante (dal 3,3 al 2,9%) mentre si sono rafforzati i flussi di esportazione verso l'Africa, che risultano praticamente raddoppiati (dal 2,3 al 5,1%) e l'Asia (dal 4,8 al 6,5%). Questa redistribuzione delle quote della nostra penetrazione commerciale all'estero sottintende non soltanto uno sforzo di diversificare la scelta dei mercati, ma ne prospetta l'ulteriore allargamento nel momento in cui le aree tradizionali della nostra presenza (Germania in testa) si saranno messe alle spalle le presenti difficoltà. È anche in virtù di questa considerazione, oltre che alla luce della ripresa degli investimenti, che il presidente dell'Assindustria Adalberto Valduga ha datato l'inizio della ripresa prossima ventura tra la fine di giugno e l'inizio di luglio.