Il Piccolo 01-12-2001
La legge di denazionalizzazione varata dall'esecutivo di Zagabria garantisce i diritti solo di chi, nel 1945, era cittadino jugoslavo
Può ancora sperare chi non «optò» per la cittadinanza italiana. Scollature nel governo Berlusconi
ZAGABRIA - Basso profilo. È questa la parola d'ordine con cui il governo croato ha varato, nel corso di una riunione a porte chiuse, quello che l'agenzia di stampa «Hina» definisce in burocratichese «il disegno di legge definitivo sulle modifiche e le integrazioni alla normativa sull'indennizzo dei beni sottratti ai privati all'epoca del regime comunista jugoslavo». Si tratta, molto più semplicemente, della legge sulla denazionalizzazione che, già varata nel 1997 dall'allora governo nazionalista dell'Hdz, è stata bocciata dalla Corte costituzionale e rispedita al mittente. I giudici l'avevano considerata inaccettabile perché «discriminatoria» in quanto escludeva dal diritto di restituzione o di risarcimento chi non era cittadino croato.
IL TESTO DELLA LEGGE. Il testo varato dall'esecutivo guidato dal premier Ivica Racan, resta per ora «top secret», ma le indiscrezioni che circolano in queste ore qui a Zagabria dicono che la nuova normativa estende il diritto di restituzione o di risarcimento dei beni immobili requisiti a tutti coloro che, al momento della confisca, erano cittadini jugoslavi. Quindi gli esuli italiani del dopoguerra vi sarebbero esclusi in quanto al momento dell'esodo gli stessi avevano optato per la cittadinanza italiana. In poche parole la Croazia ha scelto, per il delicato processo normativo, la «via slovena». I tempi di approvazione della legge sono molto stretti. L'ultima dilazione dei termini aveva posto il 31 dicembre di quest'anno quale confine temporale invalicabile. La prossima settimana, confermano fonti del «Sabor», il disegno di legge sarà ufficialmente inserito nell'iter parlamentare e la sua discussione, con ogni probabilità, inizierà prima del 15 dicembre, data di insediamento dell'ultima sessione ordinaria del 2001. Ma, a questo punto, l'approvazione potrebbe comunque slittare al 2002, in quanto un'interpretazione estensiva del regolamento permetterebbe di considerare rispettati i termini posti dalla Corte costituzionale con l'inserimento della normativa nell'iter procedurale del Parlamento.
IL CONTESTO BILATERALE. La legge che è considerata di vitale importanza in Croazia - anche perché finora delle 46 mila richieste solo 3.500 sono state risolte positivamente, ma solo in prima istanza. Di queste solo 140 sono andate definitivamente a buon fine - assume però importanti risvolti di politica estera, principalmente per i rapporti bilaterali con l'Italia. L'esclusione degli esuli determinerebbe la permanenza nella legge di un principio discriminatorio. E proprio Zagabria, nel Trattato di cooperazione e amicizia che dovrebbe essere sottoscritto tra i due Paesi, si impegna, all'articolo 9, a rispettare fin da ora nel suo impianto legislativo il principio europeo di non discriminazione. Un punto questo che Roma ha presentato anche alla Slovenia dove, invece, il processo di denazionalizzazione è giunto a oltre il 65% della sua attuazione.
LA VIA AL COMPROMESSO. Tutto compromesso? Non proprio. Come ribadito anche dal leader della Dieta democratica istriana, Damir Kajin, ci sarebbero, in base a uno studio, 5.600 cittadini italiani che potrebbero comunque ricadere nei termini della nuova legge croata in quanto lasciarono la Jugoslavia senza sottoscrivere il diritto di opzione per acquisire la cittadinanza italiana. Numero che però è destinato a scendere vuoi per motivi «naturali», la normativa croata dovrebbe riguardare, infatti, solo i discendenti di primo grado, vuoi per motivi «logistici» in quanto gran parte di questi profughi non si fermò in Italia ma emigrò verso lidi più lontani. Ed è proprio su questi esuli che si sta concentrando l'attenzione italiana che, lo ricordiamo, ha istituito alla Farnesina una commissione di esperti di diritto per esaminare l'esistenza di casi che non sarebbero stati ancora regolati dai trattati internazionali fin qui sottoscritti, primi fra tutti il Trattato di Osimo (1975) e gli Accordi di Roma (1983).
GOVERNO DIVISO. Il «dossier» esuli rimane centrale non solo nei rapporti bilaterali con Slovenia e Croazia. Sullo scottante tema permangono, infatti, scollature anche in seno al governo Berlusconi. Sulla ventilata diversità di pensiero, mercoledì scorso al Senato, il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero ha affermato che «sul problema degli esuli non siamo divisi (all'interno del governo ndr.) per quello che riguarda le motivazioni, ma possiamo semmai avere dei punti di vista diversi sui mezzi migliori per raggiungere gli stessi fini». Al di là dell'ottima prova di «diplomatichese» messa in campo dal ministro, si evince dalle sue parole che il suo punto di vista, pragmatico e europeista, non è proprio lo stesso fin qui espresso dal vice premier Gianfranco Fini e dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, il «gran mediatore» dell'intera vicenda in seno all'esecutivo. Non dimentichiamo che la commissione di esperti di diritto è nata dopo una lunga notte di colloqui alla Farnesina tra lo stesso Giovanardi, Ruggiero e Fini. Il «tormentone», dunque continua. Di qua e di là del confine. Con l'Europa che sul tema non ha mai preso una posizione chiara.
Mauro Manzin