Il Messaggero Veneto 29-01-2002
Nuove tensioni nella maggioranza. Tre giorni per accordarsi. Fi convoca il direttivo
Zoppolato (Lega Nord): ultimatum al Polo sulla riforma elettorale
di DOMENICO PECILE
Non lo hanno scosso le aperture presidenzialiste provenienti da alcuni settori di Forza Italia («fughe in avanti»). Non lo preoccupa neppure il clima di tensione che serpeggia all'interno della maggioranza («nervosismo fisiologico di fronte a questioni importanti; nulla di strano»). E si dice certo che, alla fine, la legge elettorale seguirà il risultato partorito in quinta commissione: l'indicazione del presidente. Altrimenti? Beppino Zoppolato, "lider maximo" del Carroccio regionale, sfodera un sorriso a trentadue denti. E sibila: «Altrimenti addio maggioranza. Ma sia chiaro: il nostro non è un ricatto politico. È semplicemente la richiesta, anzi, la pretesa del rispetto dell'accordo propedeutico al nostro ingresso in maggioranza e nell'esecutivo. Al primo punto del patto c'è proprio l' indicazione del presidente e non il presidenzialismo.
E senza quel presupposto non c'è nemmeno maggioranza. Tutto qui. Cambierei idea solo se me lo chiedesse Bossi». La Lega confina, dunque, il suo ultimatum al rispetto di accordi sottoscritti da tutti: «Romoli, Tondo e gli altri azzurri - insiste - rispetteranno i patti. Insomma, il problema non sussiste». Tesi, questa, condivisa, sia pure con altri accenti, da Roberto Molinaro (Cpr), relatore in commissione del disegno di legge. Il quale pure sottolinea che gli accordi che hanno determinato l'ingresso del suo gruppo nella maggioranza del presidente Renzo Tondo «escludevano il presidenzialismo». Con un distinguo rispetto a Zoppolato. Molinaro ammette, cioè, che il problema vero è fare in modo «che, nel corso dell'esame dell'aula, la condivisione del disegno di legge sia quanto più possibile allargata».
Un'apertura che, comunque, non convince l'opposizione. Alessandro Tesini, capogruppo dei Ds, è lapidario: «A questo punto, dopo quanto è accaduto, dopo le prese di posizione anche contraddittorie, ci pronunceremo soltanto di fronte al testo della legge. Ma ricordo alla maggioranza che, quando si affrontano riforme di questo spessore, le riforme debbono essere il frutto di accordi bipartisan».
E, mentre Lega e opposizione affilano le armi in vista del rush finale, Forza Italia decide di andare in analisi. Obiettivo: trovare un momento di sintesi unitaria all'interno del partito fra le posizioni filopresidenzialiste di Franco Dal Mas, quelle para-presidenzialiste di Michelangelo Agrusti (il primo ad avere aperto la questione nel partito, auspicando un presidenzialismo proporzionalista, senza listino e condannando quello che ha bollato come «presidenticchio»), quelle aperturiste di Romoli e Tondo e l'ortodossia azzurra che boccia il presidenzialismo. Roberto Asquini, relatore di maggioranza del provvedimento, sostiene che «stiamo lavorando per una sintesi che tecnicamente aggiusti alcune piccole cose della legge e, comunque, rappresenterò quello che il partito deciderà». La patata bollente passa dunque nelle mani del direttivo regionale di Forza Italia.
«All'incontro - assicura Alessandro Colautti - parteciperà anche il coordinatore nazionale Roberto Antonione, oltre che lo stesso Romoli». Il vertice, impegni permettendo, dovrebbe tenersi venerdì prossimo. Colautti esclude comunque cambi di rotta. E spiega che le dichiarazioni del coordinatore regionale Romoli sono state male interpretate. «Romoli - dichiara Colautti -, consapevole del fatto che la legge avrà bisogno del massimo consenso, ha soltanto sottolineato che, a fronte di un presidenzialismo pasticciato, è preferibile il Tatarellum». Insomma, soltanto aggiustamenti (in primis, come sottolinea Molinaro «l'entità dello sbarramento e il premio di maggioranza»), ma l'indicazione al posto del presidenzialismo per ora non si tocca. Così almeno giurano i forzisti. Ferruccio Saro si spinge oltre e afferma, perentorio, che «non faremo certo una legge per favorire Illy» (il riferimento va alle dichiarazioni contenute nell'intervista rilasciata ieri dall'ex sindaco di Trieste e riportata in questa stessa pagina).
Come si accennava, i Ds affilano le armi. «La nostra - argomenta Tesini - è una proposta innovativa perché, anche se il presidenzialismo per noi rimane la conditio sine qua non, è altrettanto vero che abbiamo apportato significative modifiche ai vizi della norma transitoria». Tesini sottolinea che la soluzione suggerita dall'opposizione riguarda, dunque, un presidenzialismo in grado comunque di riequilibrare a favore della seconda i rapporti di potere fra il presidente e l'assemblea. «Lo spettro invocato dalla maggioranza - dichiara ancora -, secondo cui i governatorati delle Regioni ordinarie hanno mostrato il fianco molle di una legge inadeguata, è soltanto una bella scusa. Vero è, invece, che si sono sempre rifiutati di ragionare seriamente su una legge sul presidenzialismo». Il dibattito sulla futura legge allunga l'ombra dell'incertezza e della possibilità di uno scontro politico anche forte. In proposito Tesini ripete che l'eventuale referendum è uno dei temi al centro del dibattito politico. «Se su una questione così delicata - avverte - il consiglio regionale continuerà a pasticciare. credo che non soltanto dai banchi nostri, ma anche dalla società civile diverse forze si attiveranno». Una brevissima pausa. Poi la precisazione: «Voglio sottolineare - chiosa - che a innescare il referendum sarebbero proprio la Casa delle libertà e la sua chiusura precostituita a un confronto serrato sì, ma a tutto campo».