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Il Piccolo 28-10-2001

La Danieli colosso siderurgico di Buttrio archivia un utile in calo e scommette sulla ripresa nel 2003.

La crisi Usa «fonde» l'acciaio

Benedetti: «Dopo l'11 settembre impatto psicologico sui consumi»

Dall'inviato BUTTRIO Il mercato dell'acciaio resta piatto, stagnante. A prezzi stracciati. La crisi americana, dopo l'11 settembre, si è aggravata. L'Europa si concentra su se stessa. Il gruppo Danieli, leader mondiale nella costruzione di impianti per prodotti lunghi, archivia un bilancio 2000-2001 con un utile netto di 10,1 milioni di euro (erano 21,9 nel '99): «Non siamo certo soddisfatti. Oggi è necessario navigare a vista ‹ afferma l'amministratore delegato, Gianpietro Benedetti. Il gruppo continua a puntare sulla ricerca e sta completando un piano di investimenti pluriennale per 114 milioni di euro: «Più qualità e meno costi di produzione. Dobbiamo capitalizzare gli investimenti fatti». Ma è l'America che preoccupa: «Un nostro cliente in Usa mi ha confidato di dormire come un bambino. Si sveglia ogni quattro ore e piange..».

Il consumo d'acciaio resta però invariato, e si prevede che nei prossimi cinque anni salirà a 900 milioni di tonnellate. Ma siamo di fronte a un mercato squilibrato: va male l'Europa, soffrono i colossi giapponesi, emerge il pianeta Cina. Ecco perchè occorre investire nella ricerca: per fabbricare l'acciaio a costi minori, dove il minerale costa meno». I prezzi sono crollati: «Basta che in Lapponia si produca a un costo ancora minore perchè in tutto il pianeta i prezzi precipitino». Negli Stati Uniti tira aria di protezionismo. L'Ue minaccia di ricorrere al Wto (l'organizzazione mondiale del commercio). Secondo il commissario Lamy queste misure fanno ricadere i problemi dell'industria siderurgica americana sul resto del mondo: «Ha ragione. È una forma di assistenzialismo deteriore ‹afferma Benedetti. Le aziende americane in crisi, che hanno goduto del sostegno pubblico, sono le stesse che navigavano in cattive acque sei anni fa. Non hanno il coraggio di chiuderle perchè vorrebbe dire tagliare 50 mila posti di lavoro in un colpo solo».

Il rapporto Usa-Europa si è capovolto. L'Europa è diventata importatore netto di acciaio dagli Stati Uniti per oltre un milione di tonnellate. Le società operative Danieli operano in Italia, Stati Uniti, Germania, Svezia, Francia, Inghilterra e Olanda. Che cosa ha cambiato l'attacco terroristico dell'11 settembre? «I mercati americani stavano già soffrendo una forte frenata dell'economia dopo dieci anni di espansione. La psicosi dell'antrace, questo senso di precarietà diffuso, la guerra in Afghanistan avranno un impatto psicologico sui consumi di sostituzione. Nessuno cambierà più la macchina o sostituirà la lavatrice e la vecchia tv. Siamo di fronte a una vera e propria stagnazione. Questi fattori influenzeranno anche il mercato dell'acciaio. Ci aspettavamo la ripresa nella seconda metà di quest'anno. Ma adesso slitterà certamente al 2003. Non bisogna mollare le posizioni, e puntare sulla ricerca».

La frenata è generale: in Europa il mercato dell'acciaio è stato al centro di una ondata di fusioni e acquisizioni. L'austriaca Voest Alpine, che sembrava il potenziale candidato a una fusione con la Danieli, oggi sconta una crisi finanziaria: «La Voest Alpine, che ha tagliato gli organici da 5500 a 3500 dipendenti, sopravvive grazie alle sovvenzioni dello Stato austriaco, socio nel capitale al 32 per cento. Inutile parlare di fusioni. Nessuno ha energia e denaro sufficiente». E i tedeschi della Sm Demag? «Restano gli unici veri concorrenti. Hanno tecnologie e risorse. Ma anche loro stanno riducendo gli organici di 1.500 unità e stanno alla finestra». E la Danieli? «Siamo gli unici che non hanno tagliato (gli addetti del gruppo di Buttrio sono 3.026, ndr). Tutto dipendenderà dall'evoluzione del mercato nei prossimi mesi. Ma io sono ottimista. Mi aspetto un colpo di reni dell'economia, anche in Italia. Speriamo in un piano di rilancio delle infrastrutture».

Piercarlo Fiumanò