Il Gazzettino 06-12-2001
Uno studio presentato alla Camera di commercio fornisce la base per un confronto sullo sviluppo del Friuli
A evidenziare il pericolo l'Istituto Tagliacarne. Altri nodi critici: infrastrutture e manodopera
Quella del Friuli è un'economia in transizione, una fase di passaggio tra "vecchio e nuovo modello di sviluppo". E che - per dirla con il presidente della Camera di commercio di Udine, Enrico Bertossi - proprio in vista dell'allargamento dell'Europa ad Est, deve ora concentrare i propri sforzi su due azioni importanti: il posizionamento strategico e la questione delle infrastrutture ancora carenti. Un dato che riguarda tanto la provincia di Udine quanto quella di Pordenone, secondo l'Istituto Tagliacarne in condizioni ancora più critiche.
Occorre, comunque, un cambio di mentalità. È il messaggio, forte e chiaro, lanciato ieri al convegno promosso a Udine dalla Camera di commercio sul tema "Il Friuli tra vecchio e nuovo modello di sviluppo economico". L'ha detto chiaro Flavio Pressacco, preside della Facoltà di Economia dell'Ateneo friulano: «Le ragioni della forza del Friuli si trovano nel fatto che il Friuli era spontaneamente un un sistema, un sistema di imprese generate da famiglie. Però oggi il Friuli non è più sistema». E allora, per affrontare la competizione della globalizzazione che avanza - ha spiegato Giuseppe Capuano, responsabile Area Studi e ricerche dell'Istituto Tagliacarne - ci si deve rimboccare le maniche e affrontare gli elementi di criticità.
Non solo le infrastrutture, pure carenti; occorre consolidare il sistema, reso più vulnerabile - proprio grazie alla sua propensione all'export - dalle crisi internazionali che fanno sentire sempre più forti i loro effetti sull'economia friulana; c'è una carenza di manodopera; un mercato del lavoro non in equilibrio (carente anche dal punto di vista qualitativo, per certe figure professionali). Ma c'è da affrontare anche la politica demografica che presenta indici di vecchiaia (presenza maggiore di anziani rispetto ai giovani) pari a 175,57 in provincia di Udine e a 155,04 in quella di Pordenone; un indice di struttura (generazioni più giovani destinate a sostituire quelle più anziane) che a Udine è di 103,34 e un indicatore di ricambio (rapporto tra quanti stanno per lasciare il posto di lavoro e quanti stanno per entrarci) pari a 147,9 in provincia di Udine.
C'è poi tutta la partita innovazione: l'impresa friulana - ha rilevato Capuano - è carente di innovazione. E anche quella legata al passaggio d'impresa («Ci giochiamo molte aziende...» - ha rilevato il presidente dell'UnionApi regionale, Alessandro Zannier) e alla formazione ancora in attesa di un serio ripensamento. Un punto su cui si sono soffermati tanto l'assessore regionale Giorgio Venier Romano, quanto Michele Casaroli, segretario della Cisl. Ma c'è anche tutto il mondo della subfornitura da far crescere, progetto sul quale sta lavorando l'Assindustria friulana, come ha spiegato il suo direttore Ezio Lugnani. Che fare, quindi? Bertossi ha indicato una sua ricetta: "fare sistema" - «una rivoluzione nel modo di pensare friulano, ma passaggio obbligato perché la nostra economia possa ancora proporre qualcosa di proprio senza farsi conquistare da quelle più forti»; promuovere nuove imprese, sostenendo la vocazione dei giovani; puntare sulla formazione permanente e imparare a fare marketing territoriale.
Un punto, questo, su cui si è soffermato anche Capuano, che ha rilevato la necessità di essere capaci di attrarre capitali esteri in cerca di nuova "destinazione produttiva". Un occhio di riguardo anche al credito: «Occorre anche qui un cambio di mentalità generale - ha concluso Bertossi (con "consenso" di Capuano) -, dare facilità di accesso al di là delle garanzie, ma anche assistenza». Quanto alle previsioni economiche per il 2002, sono negative solo per l'agricoltura, mentre riprenderà il manifatturiero che ha particolarmente sofferto quest'anno.
M.F.G.