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Il Piccolo 20-06-2002

FIUME - Sostanzialmente positivo il quadro che emerge dall'analisi dei dati dell'ultimo censimento in Croazia

Gli italiani, una minoranza viva e tenace

Il gruppo nazionale non ha subìto un forte decremento come altre etnie

Sono 19.636 i censiti che si sono dichiarati connazionali, mentre ben 20.521 hanno indicato essere quella di Dante la propria lingua madre

FIUME - Italiani di Croazia, una presenza viva e tenace. Il censimento svoltosi dal primo al 14 aprile 2001 ha confermato che i connazionali sono ancora lungi dall'essere considerati «spacciati» ossia cancellati numericamente dopo il debordante nazionalismo accadizetiano, al quale si è aggiunto negli ultimi due anni l'atteggiamento non sempre europeista del governo del premier socialdemocratico Racan nei confronti delle minoranze nazionali. Basti citare il taglio alle dotazioni a favore delle minoranze e la mancata promulgazione della legge costituzionale di tutela dei gruppi etnici minoritari.

Se guerra, etnocentrismo e altri fattori hanno contribuito a fare della Croazia un Paese etnicamente quasi puro (i croati sono passati in dieci anni dal 79 al 90 per cento della popolazione), gli italiani non hanno voluto sottomettersi a questo trend. Sì, rispetto al censimento 1991, mancano all'appello circa 1600 connazionali (tra decessi e un'emigrazione economica fattasi sentire specie in Istria), ma siamo ben lontani da quanto accaduto ai serbi e ai musulmani, comunità che in un decennio hanno conosciuto un depauperamento senza limiti.

A nostro favore un altro dettaglio: se 19.636 persone si sono dichiarate italiane, sono stati invece 20.521 i censiti che hanno indicato nell'italiano la madrelingua. Uno scarto di quasi mille persone che all'atto della dichiarazione sulla nazionalità avranno detto probabilmente di essere istriani (8865 persone), quarnerini, dalmati, slavoni, croati, o forse non avranno nemmeno voluto dichiarare la propria appartenenza nazionale, in base a un preciso diritto costituzionale.

In questo senso bisogna da rilevare che il 4 per cento della popolazione croata ha lasciato vuota la casella sull'appartenenza etnica. Questa categoria comprende certamente diversi connazionali, ai quali dobbiamo aggiungere quegli italiani che ­ per opportunismo o per chissà quali altri timori ­ hanno detto di essere croati. Per tacere dei matrimoni misti che vedono la prole prendere quasi sempre l'«indirizzo» croato.

E tra dieci anni, nell'aprile del 2011?

La crisi economica in Croazia è destinata a durare ancora per anni, con conseguente esodo strisciante di giovani, anche italiani, fenomeno al quale si aggiunge l'età non più verde della maggioranza dei connazionali. Ergo, la popolazione italiana autoctona sarà sicuramente passibile di un ulteriore decremento demografico, ma l'importante sarà non conoscere cali drastici, tipo quello traumatico rilevato al censimento del 1982, quando gli italiani di Croazia erano non più di 11 mila. Adesso i connazionali costituiscono la terza realtà minoritaria in Croazia dopo serbi e musulmani, il che non può costituire per noi motivo di vanto, ma solo di riflessione per quanto avvenuto negli anni '90 e per il futuro che ci attende.

Andrea Marsanich