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Il Piccolo 06-04-2002

Le dichiarazioni in sede congressuale di Gianfranco Fini innescano una singolare dicotomia tra le scelte del partito a livello nazionale e la legge elettorale regionale

An presidenzialista. Ma non in Friuli Venezia Giulia

Collino: «Abbiamo privilegiato la tenuta della coalizione». Dressi: «Questo testo non tradisce i nostri princìpi»

TRIESTE - Presidenzialisti «nel Dna». In tutto il territorio nazionale meno che nel Friuli Venezia Giulia. Gianfranco Fini, dal palco del congresso di Bologna, ha ricordato a tutti gli iscritti e simpatizzanti di Alleanza nazionale che uno dei temi forti del partito è proprio quello che prevede l'elezione diretta del capo dell'esecutivo. A Roma, però, e non a Trieste dove proprio An, seppure con un innegabile sforzo, ha finito per sposare le tesi degli alleati della coalizione di Centrodestra che regge la Regione. E vai, dunque, con l'«indicazione», che ha altri significati e regge, tecnicamente, altri meccanismi politici.

Scelta incoerente od obbligata? All'ombra della fiamma tricolore non sembrano esserci troppi dubbi al riguardo, anche se qualche spunto nostalgico, per quello che poteva essere e non è stato, affiora di continuo. «La risposta che possiamo dare - annota il senatore Giovanni Collino - è molto semplice: An è presidenzialista a piene lettere dal Friuli Venezia Giulia fino alla Sicilia. La nostra regione, peraltro, ha dovuto mettersi in una posizione intermedia, accettata nel rispetto della coalizione. La legge attuale, dunque, costituisce solo un primo passo. Quando i tempi saranno maturi - conclude Collino - potremo arrivare a tutti gli effetti a quel presidenzialismo perseguito da tutti i referenti nazionali della Casa delle libertà».

Un compromesso necessario per evitare frizioni in un'alleanza che, a livello regionale, è già «agitata» di per sè? Assolutamente sì secondo il coordinatore provinciale triestino e consigliere regionale Paris Lippi. «Fini - racconta - ci ha detto chiaro e tondo che bisognava privilegiare, su tutto, l'equilibrio delle alleanze, e così abbiamo fatto, visto che tra i nostri alleati, ad esempio, c'è quel Ccd che presidenzialista non lo è mai stato. Non ci vedo, comunque, dell'incoerenza, semmai della serietà. Cosa avrebbero dovuto dire, allora, i Popolari, antipresidenzialisti da sempre e ora costretti a seguire un leader che dell'elezione diretta fa una conditio sine qua non?». «Abbiamo accettato una legge elettorale difforme alle nostre aspettative dando esempio di grande responsabilità - osserva un altro consigliere regionale, Bruno Di Natale - e a questo punto faremo solo quello che ci dice il leader.

Speriamo solo che i nostri compagni di viaggio comprendano lo sforzo legato a questa scelta, perchè sono convinto che gli elettori la apprezzeranno appieno. Senza di noi, detto per inciso, nel testo di legge non ci sarebbe stata neanche l'indicazione del presidente...». Tra i «fan» della prima ora del testo si iscrive a pieno titolo anche l'assessore Sergio Dressi, che non esita a lanciare una provocazione verso il Centrosinistra, in pieno «trip» referendario. «Ci butteremo anche noi in una campagna - ridacchia - e avrà come titolo "Vota sì per il presidenzialismo"... Perchè deve essere chiaro a tutti che quel testo lo è, oltre a viaggiare in direzione di un rafforzamento della coalizione e della certezza del completamento del futuro mandato. In questo mi trovo d'accordo col sindaco di Cecotti: e se qualcuno, strada facendo, viene chiamato a incarichi di governo, com'è successo con Antonione, che si fa, si mandano a casa tutti? Altro discorso è spiegare questi dati agli elettori, ma ci proveremo...».

Furio Baldassi