Il Messaggero Veneto 09-12-2001
Botta e risposta tra il presidente provinciale di Unindustria e Sergio Cofferati
Della Valentina accusa la Cgil di strumentalizzare il dibattito
Per Sergio Cofferati, segretario nazionale della Cgil, il presidente dell'Unione degli industriali della provincia di Pordenone, Piero Della Valentina, sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, è disinformato. Della Valentina replica: «Ritengo poco dignitoso il non informare correttamente i lavoratori».
Pacato nei toni, ma duro nei contenuti, Piero Della Valentina accusa il sindacato di strumentalizzare il dibattito in corso, sfuggendo dal merito della questione per nascondersi dietro l'ideologia. «Si continua a parlare di libertà di licenziamento - rimarca il presidente degli industriali - ma se si analizza il testo della Carta di Nizza, all'articolo 30, si ribadisce il fatto che non si può licenziare senza giusta causa o giustificato motivo, ma solo in Italia esiste la parte relativa al reintegro. Sono io il primo ad essere d'accordo che è irrinunciabile la giusta causa, ma non è di questo che si sta parlando! Oggi si discute - aggiunge ancora Della Valentina - sul fatto che da noi un lavoratore può essere reintegrato, mentre in altri Paesi esiste un indennizzo a carico del datore di lavoro».
Occorre chiarire i termini della questione: «Io sto parlando d'altro e Sergio Cofferati fa finta di non sapere di cosa sto parlando. Si affronta una battaglia per la salvaguardia della dignità delle persone? Sono d'accordo, ma credo, ripeto, sia assolutamente poco dignitoso non informare correttamene i lavoratori di che cosa, esattamente, si stia discutendo».
Appare persino paradossale «che si possa divorziare da una moglie e non ci si possa separare da un lavoratore che si è assunto...». E in tutti i casi chi, alla fine, dovrebbe essere assolutamente contrario alla sospensione dell'articolo 18, sono gli avvocati, che si vedono privati dell'opportunità di agire nei contenziosi di questa natura. «La nuova normativa fa risparmiare alle parti, datore di lavoro e dipendente, il costo del legale» aggiunge Della Valentina.
Il presidente degli industriali pordenonesi rimane convinto che, «se questa battaglia venisse presentata correttamente, non raccoglierebbe grandi consensi. La normativa in vigore è nata nel 1966, aveva un senso allora, ma oggi non rispetta i rapporti di forza contrattuale in campo. Ci troviamo in un'area a piena occupazione, gli ultimi dieci lavoratori assunti nelle aziende sono extracomunitari, se uno desidera cambiare mansioni trova tranquillamente altro... Di fronte ai cambiamenti che sono avvenuti, mi sembra logico aggiornare la normativa».
E al rilievo sulla "doppia corsia", i doppi diritti tra chi entra in azienda e chi vi è da anni, Della Valentina replica «per quale ragione non deve essere corretto che chi lavora alle dipendenze di un'impresa da 10 anni abbia maggiori diritti di chi deve ancora dimostrare le proprie capacità? Perché dobbiamo sempre e soltanto dare una valenza negativa? Davvero si pensa che l'unico scopo di un imprenditore sia quello di licenziare i propri dipendenti, dopo che ha investito su di loro tempo e energie? Anche questa è la dimostrazione che si sta parlando d'altro».
E se difesa vuol essere, è difesa di un mondo economico-produttivo che non esiste più, una realtà da primo dopoguerra, abbondantemente superata nei fatti. Le rigidità non aiutano a rafforzare il sistema economico, anzi, lo indeboliscono. «Si è detto - spiega - che in Italia c'è già tanta flessibilità. Bene, a me pare che questa abbia creato, tra il '98 ed il '99, 450 mila nuovi posti di lavoro. Perché non chiedere ai lavoratori se preferiscono questa flessibilità o quella del non lavoro?».
Se è necessario difendere qualcosa o qualcuno, allora meglio sarebbe «difendere le capacità. Perché non pensare che si possa fare un passo avanti e riconoscere le capacità di ognuno? Perché non modificare la logica della difesa dispiegandola per fare in modo che i lavoratori siano messi nelle condizioni di svolgere al meglio il loro lavoro e le proprie capacità?». A meno che l'offensiva del sindacato abbia, come unico obiettivo, quello di lanciare un «messaggio più di carattere politico che di tutela reale dei lavoratori».
Elena Del Giudice