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Il Piccolo 21-09-2001

LETTERATURA
Lo scrittore triestino sta scrivendo un volume di memorie, che uscirà per MGS Press

Cecovini: io, oppositore per istinto

Arriverà in libreria presto anche un «Manuale di filosofia in 100 voci»

TRIESTE - La modernità ci ha abituati alla realtà nuda e cruda, dando sempre meno spazio allo humour e all'ironia, i due aspetti, forse, più significativi della sua scrittura, di ieri ma anche di oggi...

«È vero e ciò è molto grave: l'attualità sta perdendo sempre più il senso dell'umorismo così come di quella forma molto particolare di distacco dalle cose che è l'«understatement», che è qualcosa di molto più sottile dell'ironia. È un termine che traduce molto bene la necessità di non dare troppa importanza a se stessi e agli altri. Quando sento una persona vantarsi, mi viene da ridere perché vuol dire che non sa cosa dice, che è fuori del mondo. Noi viviamo immersi in una realtà di pura tragedia. Prenderne le distanze è necessario per sopravvivere. Gli italiani, in generale, accettano la disgrazia dell'esistere con fatalismo, e non se la scrollano più di dosso. Ecco: l'appiccicume del fatalismo è l'esatto opposto del distacco dell'ironia».

Sono considerazioni di un pessimismo assoluto...

«Sì, ma, vede, più che pessimista, io mi definirei scettico. Creda, è una considerazione amara, perché lo scetticismo rappresenta l'ultima categoria dello spirito. Il pessimista dice "io nego"; ma nell'istante stesso in cui lo dice, implicitamente afferma qualcosa. Lo scettico, invece, non afferma e non nega. Dice soltanto "nescio": non so. È il più difficile dei modi di vivere perché non poggia su alcuna verità. Ma la cosa veramente terribile è che la Verità non esiste. Perfino in tribunale, spesso, quella che io chiamo la "verità veramente vera" ­ che è la realtà obiettiva, e va oltre le dichiarazioni delle parti ­ rimane fuori del giudizio. Dunque vede, quante poche certezze possiedo...».

L'avvocato Castaldo, il protagonista del suo romanzo «Un'ipotesi per Barbara», dell'82, giunto attorno ai quarant'anni, si chiedeva: «Ma ora chi sono, cosa sono?». L'avvocato Cecovini, a quasi 90 anni, sa chi è?

«Io metto periodicamente in discussione la mia identità. Pochi uomini sono disposti a farlo, perché è molto più facile essere eroi nella tragedia che personaggi nella commedia. Io accetto le critiche, ci rifletto sopra. Su una cosa però non ho incertezze: lo scrittore deve avere una propria verità in cui crede e che offre al lettore, ma con assoluto rispetto delle verità altrui, senza alcuna volontà di insegnare o di convertire. In questo senso, un libro con cento lettori è cento libri. Ma, lei mi chiede cosa sono adesso: adesso sono uno scrittore. O forse un uomo di pensiero. L'osservazione degli avvenimenti, col tempo, è divenuta meno importante del giudizio. La poesia ha ceduto il passo alla filosofia».

Qual è la cosa che la spaventa di più?

«Non ho particolari timori... Forse la routine, che è la rinuncia a pensare, la pigrizia che porta ad adeguarsi passivamente alla realtà approssimativa, che poi è quella che si vive tutti i giorni, chiusi nel proprio guscio. Io continuo a essere fortemente influenzato da quanto succede nel mondo... penso sempre che quando muore un uomo nel mondo, il mondo è privato di un uomo. Dentro di me c'è una continua discussione della realtà nella sua interezza».

La vecchiaia è tempo di molti ripensamenti, a volte opportunistici. Qual è il suo rapporto con Dio?

«Quello di sempre. Mi ritengo un non-credente convenzionale, nel senso che non ho mai creduto nel Dio personale, che considero un'abilissima invenzione del microbo uomo. Vede, la terra è una pallina invisibile su cui alberga una muffa giallastra: l'umanità, con la sua intelligenza virulenta, capace di fantasie e invenzioni tendenti tutte a facilitare il vivere. E Dio è l'invenzione più geniale. L'unica possibilità di vita dopo la morte è la discendenza».

Tornando all'avvocato Castaldo. Questi, in un momento di ribellione, afferma: «Voglio essere pazzo, è il mio alibi». Lei ha mai fatto «pazzie»?

«Ne faccio di continuo. Vede, io sono pazzo alla maniera di Erasmo da Rotterdam, per il quale il folle è colui che è padrone delle proprie idee in contrasto con la realtà dell'uomo e del mondo. Io sono oppositore per istinto: infrango in continuazione mode e convenzioni. E questo mi fa sentire un uomo vivo».

Loretta Marsilli