Il Piccolo 27-02-2002
Il testo uscito della Commissione piace sempre meno anche alla maggioranza. Il voto finale slitta a data da destinarsi ed emerge un'inconfessata voglia di tornare indietro
Dal presidente Tondo l'invito esplicito agli azzurri: «Rallentiamo». Braccio di ferro nella Lega Nord. Il dibattito continuerà almeno fino a martedì 5 marzo, ma è probabile che si vada a un ulteriore prolungamento dei lavori, in attesa della schiarita.
TRIESTE - Un'irresistibile voglia di tornare indietro? Alla ripresa del dibattito in aula sulla riforma elettorale è apparso subito evidente, ieri mattina, che tirava un'aria strana: la maggioranza, e in particolare Forza Italia, si guardava bene dall'accelerare l'esame di una legge che doveva essere approvata già la scorsa settimana: numerose assenze rallentavano il formarsi del numero legale, le interrogazioni venivano sbrigate nel modo più cincischiato e infine si inventavano scuse per accantonare non solo la regolamentazione della parità fra i sessi ma per rinviare addirittura i punti dello sbarramento e del premio di maggioranza (che sono i pilastri, insieme con la già approvata «indicazione» del presidente in luogo della sua elezione diretta da parte dei cittadini, della riforma proposta dal Centrodestra).
Si sa di una riunione degli azzurri, nella pausa per il pranzo, in cui lo stesso presidente Renzo Tondo avrebbe esortato i suoi a prendere tempo, poiché c'erano ancora verifiche da fare, riflessioni da completare. Ciò ha ingenerato la sensazione che si voglia tener conto di un certo «comune sentire» quale si va accentuando nella maggioranza in opposizione a una riforma ritenuta sbagliata non solo dal Centrosinistra. Allora la fiacchezza dei lavori d'aula derivava da un preciso intendimento politico. Quale? Intanto, quello di prendere tempo. Così della riforma elettorale è stato già prefigurato ieri, con un voto dei capigruppo, che si discuta non solo questa settimana, ma anche martedì prossimo. Poi, tre giorni più tardi, ci sarà a Trieste il vertice italo-tedesco con Berlusconi, e ci sarà uno slittamento di un'ulteriore settimana...
Forza Italia non sa più che pesci pigliare. Ha accettato obtorto collo il ricatto antipresidenzialista della Lega, ma più passano i giorni e più le brucia quanto sia evidente come la legge fin qui sostenuta risulti solo un' arrampicata di specchi e, come tale, difficilmente difendibile nelle piazze allorché le opposizioni promuoveranno - e lo annunceranno oggi ufficialmente un referendum abrogativo che ripristini l'elezione diretta del presidente. Ma prendere tempo a che cosa può servire? Per evitare clamorose retromarce.
Intanto domani c'è il congresso della Lega, e in quella sede non è detto che l'ala facente capo ad Alessandra Guerra - preoccupata di ritrovarsi infine col cerino acceso in mano quando tutti gli alleati si defilassero sul referendum - non riesca a smussare l'intransigente antipresidenzialismo del segretario Beppino Zoppolato. E poi taluno ipotizza di tempi tecnici che, tirati al massimo, potrebbero di fatto impedire la promulgazione di una legge ancorché approvata, così facendo scattare comunque il «Tatarellum» e l 'elezione diretta del presidente... Ma il capogruppo dei Ds, Alessandro Tesini, tuona: «Quale che sia la strategia di Forza Italia, questo suo prendere tempo significa solo che non ha le idee chiare, che la maggioranza è allo sbando.
Per quanto tempo voglia farci perdere, in nessun caso potranno venir superati i tempi utili per l' approvazione della legge. Per cui la responsabilità di approvarla il Centrodestra dovrà assumersela comunque. Se non lo facesse, sarebbe il suo totale fallimento politico». E Paolo Fontanelli (Pdci): «Maggioranza, ormai, in stato confusionale». Infine Franco Brussa (Margherita): «Tondo aveva cominciato con l'auspicare una riforma largamente condivisa, ed essa non va
più bene neanche ai suoi».
Giorgio Pison