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Il Messaggero Veneto 27-12-2001

Biologico: 120 nuove aziende

Impennata di adesioni ai metodi alternativi nella produzione agricola

UDINE - In un anno, nella nostra regione, oltre 120 aziende agricole hanno deciso di convertirsi alle coltivazioni biologiche. Il dato è la conferma di quanto emerso nel corso di un summit a Colloredo di Monte Albano organizzato dall'Associazione produttori biologici e biodinamici del Friuli-Venezia Giulia. Un dato giudicato molto positivo che lo stesso Severino Del Giudice, presidente dell'Aprobio ha richiamato nel corso della sua relazione: «Attualmente - ha detto - sono oltre 300 le aziende che effettuano coltivazioni biologiche. I problemi per chi fa agricoltura biologica persistono, ma sono legati più alla distribuzione che non alla produzione». Le prospettive, lo ha ricordato lo stesso Del Giudice, sono incoraggianti, anche perché l'agricoltore sta cambiando mentalità, facilitato in questo dagli strumenti messi a disposizione dalla Comunità europea.

La nostra regione resta, tuttavia, ancora in posizione arretrata nel campo delle coltivazioni biocompatibili a causa di un prolungato periodo di stasi. «Basti pensare - ha sottolineato il presidente di Aprobio - che in Italia la viticoltura biologica si pratica su oltre 30.000 ettari, contro i 200 del Friuli-Venezia Giulia». Certo delle buone prospettive si è dichiarato anche Ennio Benedetti, presidente della Comunità Collinare del Friuli che ospitava il convegno: «L'importante e che gli agricoltori impegnati nel biologico - ha ricordato Benedetti, che è anche presidente provinciale della Confederazione italiana agricoltori - mantengano lo spirito iniziale e non cedano alle lusinghe del guadagno facile». Il convegno di Colloredo di Monte albano ha consentito ai molti partecipanti di apprendere dati molto interessanti in materia di lotta alla peronospora, una delle malattie fungine più frequenti, fino ad oggi combattuta col largo impiego di formulati a base di rame.

Ilaria Pertot, ricercatrice dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige ha spiegato come le ricerche si stiano indirizzando verso due differenti soluzioni: da un lato gli esperti stanno lavorando per ottenere con metodi di selezione biomolecolare piante resistenti alla peronospora (evitando in ogni caso manipolazioni genetiche) e allo stesso tempo l'ottimizzazione nell'impiego del rame, dall'altro si sta studiando tutta una serie di microrganismi antagonisti di questo fungo che in futuro potranno essere utilizzati per mantenere basso il livello dell'attacco alla pianta. L'importanza di ridurre l'utilizzo di rame è stata ripetutamente sottolineata da Giorgio Stefanelli, del Centro servizi agrometeorologici del Friuli-Venezia Giulia. Il rame infatti, tende ad accumularsi nel terreno alterandone la composizione e la microflora, fino ad avvelenarlo: «L'uso di prodotti alternativi sta ottenendo risultati incoraggianti - ha spiegato l'esperto - sia nel contenimento degli attacchi sia per la mancanza di effetti collaterali. Si tratta di proseguire nella sperimentazione».

A Piergiovanni Pistoni, presidente del Consorzio vini Doc Friuli Grave sono spettate le conclusioni: «Alcuni dei nostri consorziati - ha affermato Pistoni - stanno già utilizzando metodi di coltivazione biologica. L' importante è che non si crei un mercato parallelo tra vino tradizionale e vino biologico, ma che invece le due diverse tecniche convivano all'interno delle produzioni Doc».