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Il Piccolo 07-01-2002

Dopo l'uscita di scena del responsabile della nostra diplomazia sono molte le questioni aperte che riguardano Trieste

Beni abbandonati, un «dossier» che scotta

Sui tavoli del ministero l'allargamento a Est dell'Ue e i temi del Corridoio 5

TRIESTE - Renato Ruggiero ha preso il cappello e se n'è andato. Lui, europeista per vocazione, lascia dietro di sè però tutta una serie di «dossier» ancora aperti sui tavoli della Farnesina. Fascicoli voluminosi e, in certi passaggi, di difficile interpretazione politica. Fascicoli pesanti, ma dai contenuti decisamente strategici per il futuro socio-economico del Nordest in generale e di Trieste in particolare. Ad iniziare dal tema che da 50 anni non fa dormire sonni tranquilli alla diplomazia italiana: quello dei beni abbandonati dagli esuli.

Tema che aveva ricevuto fin dall'inizio del «mandato Ruggiero» una impostazione nuova, anche rispetto alle precedenti gestioni di Centrosinistra della politica estera e di quella che è già stata ribattezzata come la «Ostpolitik» italiana. Sì, perché l'ex ministro aveva posto un punto fermo (nessuno prima di lui si era espresso così chiaramente sul tema), espresso con una lapidaria quanto inconfutabile frase latina: «Pacta sunt servanda». Perché proprio nel nome di quell'Europa che si sta costruendo Ruggiero aveva deciso che i trattati fin qui sottoscritti con la Jugoslavia (leggi Osimo e Roma), cui sono subentrate dopo il 1991 la Slovenia e la Croazia, andavano e vanno assolutamente rispettati. E sempre nel nome dell'Europa aveva chiesto a Lubiana e Zagabria di adeguarsi al principio comunitario di non discriminatorietà delle rispettive legislazioni nazionali.

E proprio qui si innesca l'inizio della fine. Nel senso che l'europeismo del ministro non era certo funzionale a chi invece, leggi il vice premier Gianfranco Fini spalleggiato dal deputato triestino di An Roberto Menia, puntava alla restituzione di quei beni. E così Ruggiero viene «strattonato per la giacca» prima e poi, dopo una lunga notte trascorsa alla Farnesina con la mediazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, deve cedere alla linea Fini-Berlusconi. Per cui il «dossier esuli» diventa oggetto di esame da parte di una commissione di esperti italiani di diritto internazionale per vedere quali vie percorrere per ottenere la restituzione di almeno una parte dei beni abbandonati. Nelle more viene congelata anche la firma del Trattato di cooperazione e amicizia con la Croazia, dopo che proprio Ruggiero aveva abilmente strappato il dialogo dalle secche in cui si era arenato dopo l'«incidente» del conferimento da parte del Quirinale della medaglia d'oro al valor militare alla città di Zara.

«Sugli esuli - afferma Ruggiero a Trieste in occasione del vertice Ince - a decidere saranno il vice premier Fini e il presidente del Consiglio Berlusconi». E si ferma qui. Presentendo già in qualche modo l 'aria che iniziava a circolare tra i palazzi romani del potere. Il suo pensiero lo esplicita comunque durante le udienze alle commissioni Esteri di Camera e Senato e dai verbali di quelle riunioni si evince chiaramente che la sua non è certo la linea disegnata da Fini e benedetta da Berlusconi. Per ora la commissione di esperti sui beni non si è ancora mai riunita. Ruggiero se n'è andato e gli interrogativi crescono. Come crescono quelli relativi all'allargamento a Est dell'Ue, dove la Slovenia scalpita in prima fila per l'adesione già a partire dal 2004. Ed è seguita da una Croazia che, appena firmato il trattato di associazione e stabilizzazione, già ammicca al nuovo euro e guarda a Bruxelles quale faro del proprio futuro socio-economico. Due Paesi di cui l'Italia è il principale partner commerciale.

L'ingresso di Lubiana nell'Ue poi restituirebbe a Trieste quel retroterra che 50 anni di «cortina di ferro» le hanno negato. Ma la diplomazia Slovena è già in fibrillazione. L'addio di Ruggiero alla Farnesina preoccupa Lubiana che dice di aver perso «un interlocutore affidabile». «Non vorremmo - dicono fonti politiche slovene - riprecipitare nel 1994 (primo governo Berlusconi ndr.) quando Roma aveva posto il veto all'associazione della Slovenia all'Ue (sempre per la questione beni ndr.)». «Se dietro a tutto c'è lo zampino di Fini, beh - è il laconico commento - speriamo bene». E anche Zagabria non dorme sonni tranquilli. Ieri dal governo croato sono giunti i primi segnali di preoccupazione «per un'inversione di rotta della politica estera italiana» dopo l'uscita di scena di Ruggiero E poi c'è, correlato al precedente, il rebus del «Corridoio n°5». Già in pesante ritardo la sua realizzazione (soprattutto Ungheria e Ucraina non riescono a finanziare il progetto) su di esso preme la «morsa» tedesca che sponsorizza invece il «Corridoio n°10», che taglia da Nordovest a Sudest la penisola balcanica.

E Lubiana non è immune alle lusinghe germaniche e, soprattutto se a Roma l'approccio verso l'adesione della Slovenia all'Ue dovesse farsi più tiepido, il «flirt» con la Baviera potrebbe anche trasformarsi in «vero amore». E Zagabria la seguirebbe a ruota. Con buona pace del «Corridoio n°5» che rischia così di morire ancor prima di essere nato.

Mauro Manzin