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Il Piccolo 03-01-2001

Intervista all'onorevole Furio Radin, deputato al seggio garantito per gli italiani del Parlamento di Zagabria

Beni abbandonati, sei mesi per «riflettere»

La legge sulle denazionalizzazioni approderà al Sabor la prossima estate

TRIESTE - Anno nuovo, problemi vecchi. Il 2002, appena nato, potrebbe essere quello buono per la soluzione di una questione che pesa nei rapporti tra Italia e Croazia: i beni abbandonati dagli esuli. Una delle chiavi per trovare la soluzione è costituita dalla nuova legge sulla denazionalizzazione (cioè sulla restituzione dei beni confiscati da Tito) che dovrà approdare nell'aula del Sabor (il Parlamento croato). Come noto, la precedente normativa era stata rinviata dalla Corte Costituzionale ai deputati perchè prevedeva questo diritto soltanto per i cittadini croati. La delicatezza della materia ha fatto slittare più volte la discussione in aula. Tanto che il Parlamento ha chiesto, e ottenuto, più proroghe.

L' ultima, di sei mesi, dovrebbe essere accolta dai supremi giudici e quindi la normativa dovrebbe essere discussa nella sessione estiva. Per fare il punto della situazione abbiamo interpellato Furio Radin, daputato al seggio garantito per la minoranza italiana del Sabor e presidente della commissione parlamentare diritti umani. Radin si è pronunciato da subito per un'estensione delle legge agli esuli italiani. Ma si tratta di un cammino tutto in salita.

Onorevole Radin, a che punto siamo?

Dò per scontato che la proroga di sei mesi sarà concessa. La vera motivazione della richiesta è data dal fatto che non si sa quali saranno gli oneri che comporterà l'allargamento della legge anche alle nazionalizzazioni avvenute durante la seconda guerra mondiale effettuate del regime ustascia, che ebbero come vittime soprattutto ebrei e serbi. E' probabile che incidano anche le questioni aperte tra Croazia e Italia, ma sono marginali rispetto all'altro aspetto. Zagabria infatti segue la procedura adottata dalla Slovenia. Ritiene cioè chiusa la vertenza con la restituzione del debito di 35 milioni di dollari (pattuito con l'ex Jugoslavia nell'accordo di Osimo per i beni della zona B, n.d.r.), e nel bilancio 2002 è previsto il primo versamento di 2,5 milioni di dollari. Però in questi sei mesi potrebbero aprirsi degli spiragli su questo versante.

Pochi spiragli, almeno stando a quanto è emerso sulle modifiche apportate al testo elaborate dal governo Racan?

E' vero, l'unico cambiamento finora previsto è che non è necessario essere cittadini croati per accedere alla denazionalizzazione, però bisogna essere stati jugoslavi, il che mette fuori gli esuli, anche quelli che non hanno optato. E poi lo stesso discorso sulle opzioni andrebbe approfondito in maniera seria. Basta riflettere sul fatto che se migliaia di persone hanno abbandonato queste terre, ci sarà stata una qualche ragione che rende dubbia la libera scelta...

Ma Furio Radin quando interverrà sulla legge in discussione?

Quando la normativa sarà portata in aula, presenterò i miei emendamenti, ma con determinati presupposti.

Quali sono questi presupposti?

Sono sostanzialmente quattro: il primo è che si tratta di un problema di diritti dell'uomo più che di una questione politica. Il secondo, è anche una speranza: far capire ai due governi che risolvere la questione è nell' interesse di entrambi. Il terzo è che sono assolutamente contrario alla revisione dei trattati intercorsi tra i due Paesi, perchè ciò minerebbe la fiducia tra gli Stati. Il quarto è che il problema dei beni non dev'essere in alcun modo collegato all'ingresso della Croazia nell'Unione Europea.

Partiamo da quest'ultimo. Che cosa intende?

Voglio dire che un'integrazione veloce della Croazia nella famiglia europea potrebbe favorire la soluzione della questione, se non sarà già stata risolta tenendo presente quanto ho detto prima, e cioè che una soluzione è nell'interesse di entrambi gli Stati. Per la Croazia un debito di 35 milioni di dollari è un onere pesante. Se in tutto o in parte questa somma venisse dirottata nella restituzione di beni, sarebbe meno pesante per Zagabria. E per l'Italia si porrebbe fine ad un'annosa questione che ha sempre ostacolato i rapporti tra i due Paesi. Senza contare che Roma rinuncerebbe a un debito di scarso rilievo.

Dal punto di vista pratico come si potrebbe fare?

Andrebbero individuati i beni che non sono di proprietà privati, appartenenti a Comuni o enti pubblici ovvero lasciati in abbandono e, usando i 35 milioni di dollari, potrebbero essere restituiti ai vecchi proprietari. In tal modo si eviterebbe di sanare un'ingiustizia creandone un'altra. E per quanto riguarda gli emendamenti, qual è il loro contenuto? Il primo riguarda la cittadinanza che non deve implicare restrizioni al riconoscimento di un diritto. Il secondo riguarda proprio l'utilizzo che ho sopra delineato dei 35 milioni di dollari.

Pensa di potercela fare?

Non sono solo a pensarla così, però non so se riuscirò a raccogliere una maggioranza, anche perchè non ho la possibilità di svolgere un'azione di lobbing, che sarebbe interpretata in modo sbagliato. Si tratta di far cambiare mentalità, di far capire che cinquant'anni fa è stata commessa una grande ingiustizia pagando i debiti di guerra con i beni degli esuli, che quello che si chiede è un ritorno simbolico di queste persone