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Il Messaggero Veneto 24-11-2001

L'assemblea degli azionisti della società autostradale ha nominato ieri a Trieste il nuovo consiglio di amministrazione

Autovie Venete, sì a Melò tra le polemiche

Convocazione errata, si ipotizza l'illegittimità della seduta. Avanzini possibile ammistratore delegato

TRIESTE - L'assemblea di Autovie Venete, alla fine, nomina il cda, e acclama Dario Melò presidente. Metà del vecchio consiglio viene confermato: quelli che avevano scelto la via delle dimissioni, più il vicepresidente Lucio Leonardelli, sostenuto dal socio privato Salt (con i voti del Veneto). L'organigramma vede i dodici posti così ripartiti: cinque a Forza Italia (Melò, Donaggio, presidente di Autovie Servizi, e gli uscenti Leonardelli, Esposito e Zanotto), quattro alla Lega (Avanzini, Simeoni, e i recuperati Battistell e Tomat), tre ad An (Parigi, e le due new entry Bacchetti e Albano). Presidenza a parte, le altre cariche devono ancora essere definite. Ma pare certo che quella di amministratore delegato, in quota Lega, andrà al pordenonese Avanzini, quella di vicepresidente si giocherà invece tra l'An Parigi, e il forzista Leonardelli, sfavorito, ma forse utilizzabile per ricucire con il tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto, tutt'altro che risolto.

Sull'assemblea, però, grava un sospetto di illegittimità, richiamato più volte dai soci di minoranza (in particolare il rappresentante della privata Salt, Giuseppe Baudone), e confutato dalla Regione, azionista di maggioranza. Dovesse rivelarsi fondato, potrebbe causare la caduta del consiglio, l'annullamento di tutti gli atti conseguenti, e portare la società al commissario, se non addirittura allo scioglimento. Su questo punto si consumano i tre quarti della seduta, che ha luogo in un'angusta stanza al settimo piano di Largo Irneri 4, a Trieste. E il motivo del contendere è proprio questo: l'annuncio, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale parla di numero 6.

Da Baudone e dai veneti si chiede una nuova convocazione, senza rischi. Il rappresentante della Regione, Alessandro Baucero, ribatte che il dato sostanziale è garantito: è presente il 99,7% dell'azionariato, e c'è un parere favorevole del collegio sindacale. Il testo, letto integralmente da Leonardelli, è in realtà un po' ambiguo: si dice che sarebbe necessaria "l'adozione di una nuova formale convocazione", però questa "mal si concilia con le concrete difficoltà della società". Si tiene conto inoltre del fatto che l'aggiornamento è "allo stesso indirizzo e allo stesso orario, ancorché in locali diversi". Ma il numero civico, inequivocamente, non è lo stesso. Sorge poi il "caso Specogna". L'ex presidente, intervenuto come azionista privato, vuole intervenire su Sistemi Telematici. «Non è all'ordine del giorno», lo bloccano. Specogna insiste, dice che da tempo non ha risposte sulla controllata, a proposito della quale vuole l'intervento della magistratura.

E pone altri motivi per cui l'assemblea non sarebbe valida: la proroga della proroga, innammissibile secondo alcune fonti, e il fatto di non aver dato voto favorevole all'aggiornamento. Il malumore è palpabile, ma ormai non ci sono i tempi per mediazioni, né per rinvii. Passa la linea decisionista della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia. Si vota a liste separate, con il Veneto che non indica nessuno (provvede a farlo in sua vece, come detto, il socio privato Salt). Tutti i nuovi eletti hanno schivato l'aula, anche Melò, che ha il telefonino spento per l'intera giornata. L'accettazione seguirà a breve, e alla fine della prossima settimana si potrà tenere la prima seduta del nuovo cda. Riflessione conclusiva di Lino Brentan, presidente della Venezia-Padova: «C'è incapacità politica, faremo poca strada».

Luciano Santin