Il Messaggero Veneto 20-10-2001
Sul futuro prossimo della società autostradale si rincorrono le voci di una rapida privatizzazione
Il "regista" di Fi: con 500 miliardi si fa la terza corsia. Ritossa: prima ricapitalizziamo
TRIESTE Recuperare liquidità cedendo un terzo di Autovie, mantenendone il controllo. La maggioranza sembra aver già scelto. Ma a chi, come e quando vendere, sarà il punto nodale su cui si confronterà la politica a proposito del futuro della spa. Tra i possibili acquirenti c'è in prima fila Autostrade del gruppo Benetton (e, si sussurra, nell'operazione congiunta sul passante, esisterebbe un gentlemen's agreement), poi la Salt, del gruppo Gavio, e la Regione Veneto. Scendendo dall'attuale 86% al 51% la Regione potrebbe realizzare cifre dell'ordine delle centinaia di miliardi. Ma, ammonisce qualcuno, vendere in una situazione di confusione, sovrabbondanza di personale, e scarsa redditività, equivarrebbe a svendere. E negli accordi con i pesci grossi, ci sono sempre rischi di ricapitalizzazioni fatte per ribaltare gli equilibri.
Da Roma, Ferruccio Saro, stratega primo e dichiarato della guerra che ha portato all'abbandono di Giancarlo Elia Valori, non ha dubbi: «Mettiamo sul mercato il 35%, collegando l'operazione ed un potenziamento. Autovie può valere 1200-1400 miliardi, anzi, dopo l'affare del passante, parecchio di più. E con oltre 500 miliardi si fa la terza corsia sino a Palmanova».
«Occorre privatizzare alla svelta: ma se al socio si può anche lasciare la presidenza, gli indirizzi strategici devono essere pubblici», argomenta Adriano Ritossa, capogruppo di An. «Questo però è il momento di pensare alla ricapitalizzazione della società, quindi i soldi servono per irrobustirla, assieme agli utili. Perché non è più pensabile usarli per la Sanità». Su questo argomento, e su altri, An ragionerà martedì, assieme ai gruppi delle regioni limitrofe. «Dimostreremo che An ha una strategia unica per la viabilità del Triveneto», conclude Ritossa. «Chi fa ipotesi, in questa fase, racconta balle. Non c'è nessuna possibilità di vendere subito», dice invece il segretario della Lega Beppino Zoppolato. «Se di una parziale privatizzazione si può parlare, prima si fanno un vero piano strategico e un approfondimento sui possibili vantaggi. Allo stato attuale, non se ne parla». Prudente anche il Ccd Bruno Marini, vicecapogruppo forzista: «Non sono contrario, ma vendere ora mi pare rischioso. Occorre stabilizzare la società con un buon assetto manageriale, fare una seria ricognizione della situazione finanziaria, venire a capo del groviglio delle collegate. Realisticamente ci vorrà un anno anche solo per capire la consistenza patrimoniale».
«Un 51% privato sarebbe garanzia di maggiore efficacia. Ma Autovie serve alla Regione per governare le problematiche che riguardano l'internazionalizzazione, in un contesto che sta mutando», osserva Isidoro Gottardo, capogruppo Cpr. «Acquirenti ce ne sono; anche Galan ha detto davanti al suo consiglio di essere interessato. Però la prima questione, oggi, è il recupero di una competitività in parte compromessa. E per arrivarci occorre che i partiti facciano un passo indietro». «Vorrei sapere chi è quel deficiente che compra una società dove non comanda, e dove gli utili vanno a ripianare i buchi della Sanità regionale» ironizza il diessino Michele Degrassi. «Se poi davvero si pensa a Gamberale e Benetton, suggerirei prudenza. A confrontarsi con la finanza che conta, i leader della nostra maggioranza fanno la figura dei pellegrini. E, dopo la scottatura con Valori, rischiamo il rogo».
«Controllo del pacchetto, e tempi prestabiliti, che non consentano svendite», è la ricetta del capogruppo Ppi-Margherita Gianfranco Moretton. «E poi patti parasociali blindati, per evitare ribaltoni con la ricapitalizzazione». Dalla giunta, se ci sono progetti, non escono. Il presidente Renzo Tondo, nella sua relazione si è preso tempo per valutare il piano strategico. L'assessore alla Viabilità, Franco Franzutti, glissa: «E' cosa che riguarda una decisione collettiva, e comunque l'assessore alle Finanze Pietro Arduini». Ma quest'ultimo, Pietro Arduini, tace: «Parlerò nelle sedi idonee, non sui giornali».
Luciano Santin