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Il Messaggero Veneto 18-11-2001

Per Melò decisivo il sì della Guerra

I retroscena della scelta che a Tondo potrebbe costare la candidatura nel 2003

TRIESTE - Possibile che Dario Melò sia uscito, all'improvviso, in armi, dalla mente di Renzo Tondo, come Pallade Atena da quella di Giove? La versione ufficiale è questa. Ma molti richiamano il ruolo di Alessandra Guerra, che è stata la prima ed entusiasta supporter della candidatura. In giunta parecchi giurano su una cosa: la first lady del Carroccio la notizia l'ha saputa prima degli altri, che si tratti di cinque minuti o di più.

Notizia certa è che la vicepresidente Melò lo conosce abbastanza bene. Si parla di pranzi di lavoro (non recenti, e comunque allargati), e qualcuno aggiunge che la conoscenza si allargherebbe anche alla De' Longhi, l'azienda veneta in cui è cresciuto managerialmente il presidente della Isc. D'altro canto Melò è stato conosciuto anche da Biasutti, Turello, Saro. E agli atti rimangono apprezzamenti positivi, perché, se la Regione ha scommesso sulle aziende carniche di cui il manager bolognese si è occupato (tramite la legge 35, e altri strumenti di sostegno), i risultati sono stati più che positivi.

Una situazione, questa, che impedisce critiche di carattere tecnico, e lascia campo - campo minato, però - agli appunti politici. Melò non risulta essere un uomo di parte. E questo per alcuni è un male doppio, perchè occupa, quasi abusivamente, una casella destinata a Forza Italia, e perché potrebbe rispondere alla Regione tramite i buoni rapporti personali di cui dispone, quelli con il presidente e il vicepresidente della giunta. Eppure, proprio per non essersi comportato così, Giancarlo Elia Valori è stato osteggiato, sino a spingerlo alle dimissioni. Dunque una battaglia contro Tondo, condotta dai vertici del suo stesso partito, in nome della dipendenza politica (dopo infinite promesse di federalismo), potrebbe non essere capita dall'elettorato, e avere conseguenze devastanti sul voto del 2003. Nel sono consapevoli, nelle dichiarazioni off record, ambedue le fazioni.

L'unica via praticabile rimane quella, sempre più chiacchierata, di un possibile ripensamento dello stesso Melò, il quale ha chiesto un po' di tempo "per chiarire l'oggetto del suo mandato". Se però la pietra dello scandalo non provvederà a togliersi di mezzo, è abbastanza improbabile che ci sia una crisi di giunta. A Roma potrebbe non piacere che per un fatto di nomine si faccia cadere la giunta del Friuli-Venezia Giulia, Regione antesignana dell'alleanza Cdl. Su Melò, peraltro, Tondo potrebbe giocarsi la ricandidatura a presidente, sussurra qualcuno. Al contrario, mormorano altri, incasserebbe una vittoria personale che lo rafforzerebbe.

Luciano Santin