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Il Piccolo 12-01-2002

Dopo le ultime fughe in avanti degli omologhi udinesi, nella classe politica del capoluogo regionale cresce la sensazione di «accerchiamento»

«Autonomia per Trieste, o sarà l'isolamento»

Marini (Ccd): «Friulani più attivi e propositivi, ma c'entra anche l'assenza dei nostri enti locali»

Zvech (Ds): «Il capoluogo regionale ha scelto una situazione di chiusura estranea al Dna dei suoi cittadini». Franzutti (Fi): «Guardiamo a Trento e Bolzano»

TRIESTE - Lasciati fuori dall'uscio delle stanze dei bottoni. Tagliati fuori più o meno sportivamente dalle scelte. Bypassati anche su questioni importanti come quella delle infastrutture. Realtà o esagerazione campanilista? Nel dubbio, i politici triestini, almeno quelli che gravitano attorno alla Regione, hanno ripreso a vivere il complesso dell'accerchiamento. E la cosa singolare è che tale sentimento si avverte di più in seno alla maggioranza. Dov'è andato a finire il «voti uno prendi tre», inteso come vantaggio di disporre di varie amministrazioni omologhe? «Il problema - racconta Bruno Marini, vicecapogruppo di Forza Italia / Ccd - non è tanto legato alla solita consistenza numerica dei friulani, ma al fatto che sono più attivi, propositivi. Vogliamo dirla tutta: né il Comune di Trieste né la Provincia hanno brillato finora in tal senso. Il primo, sul problema del riassetto regionale è stato del tutto assente, ha anticipato un assessorato all'Autonomia che è rimasto lettera morta, la seconda non partecipa neanche a certe riunioni... Eppure se c'era un momento ideale per rilanciare con forza il tema dell'autonomia era questo, magari mediante una proposta comune a tutte le forze politiche, perchè a colpi di maggioranza non si va da nessuna parte. E invece, ed è grave, Trieste non sta esprimendo niente».

Marini, insomma, sembra proporre un trasversalismo capace di «difendere» gli interessi triestini. Una palla che Bruno Zvech, consigliere regionale e segretario provinciale diessino, prende al volo, ma con ampi «distinguo». «Sono d'accordo sul fatto che Trieste, attualmente non proponga nulla, e la notazione è doppiamente inquietante, trattandosi del capoluogo regionale. Mi chiedo allora perchè il centrodestra continui a utilizzare il tema dell'autonomia, che sono sicuro che non ci sarà risparmiato neanche nel 2003 e ad ogni consultazione elettorale, salvo poi lasciarlo decantare... Concordo con Marini: Trieste non esprime idee, è emarginata dal contesto regionale ma anche perchè si sta rinchiudendo in un autoisolamento che non fa parte del Dna dei suoi cittadini».

«La cosa singolare - incalza Cristiano Degano dei Popolari-Margherita - è che non si tratta di un contrasto politico, vista l'ampia omogeneità tra gli enti, ma proprio di una scarsa attenzione, di un disinteresse, quasi, verso la questione. E' colpa anche, va detto, di uno storico errore: c'è chi continua a pensare che il Friuli cominci dopo il Timavo, e non c'è niente di più sbagliato, così come è fuorviante risolvere tutto nella dicotomia Trieste contro Udine e viceversa. Quello, semmai, è lo scenario in cui rischiamo di incappare se alcuni continuano a pensare alla "devolution" in chiave provinciale e non regionale, dando indirettamente fiato alle istanze del Friuli storico».

Parlare del discorso autonomistico con l'assessore Franco Franzutti, a questo punto, è come dare miele alle api. «Sono l'unico autonomista triestino "doc" - esordisce - anche se sono convinto che finchè tutti, sinistra compresa, non capiranno la verità logica che c'è dietro, resteremo al palo... Intendiamoci, l'autonomia di Trieste non significa separare la Regione, ma, tramite forme graduate, arrivare a uno schema come quello di Trento e Bolzano, che è costituzionale, esiste e si potrebbe prelevare pari pari senza difficoltà. La verità vera è che siamo talmente variegati che è indiscutibile che Trieste pesi su Udine, ma lo stesso vale per il contrario! Abbiamo istanze, necessità diverse, noi gli anziani e le case popolari, loro l'agricoltura, l'industria e quant'altro, e dunque entriamo perennemente in rotta di collisione, anche se, in ultima istanza, avremmo il vantaggio reciproco a stare assieme... L'opinione pubblica, peraltro, è più lesta a recepire le negatività che i dati positivi. Meglio, allora una separazione consensuale? Sicuramente sì, anche se - insiste Franzutti - poi non si arriva neanche a quella, e sapete perchè? Perchè Pordenone non si sente del tutto friulana nè Gorizia ama essere triestinizzata, e ci ritroviamo a fare punto e a capo...». «Di sicuro - conclude Marini - o troviamo un'unità cittadina sui problemi reali, o saremo superati su tutto, a partire dalle infrastrutture».

Furio Baldassi