Il Messaggero Veneto 14-02-2002
I cittadini? Tutti uguali, si dice, anche davanti alla legge.
E dunque, che differenza passa tra una persona che deambula sulle proprie gambe e una che sostituisce gli arti inferiori con una carrozzina? Dieci, venti, trenta centimetri. I centimetri di una carrozzina che non passa in un ascensore, i centimetri dell'alzata di un gradino, della soglia di una porta, della muraglia di gradini di un edificio pubblico. Essere disabili significa, ancora oggi, sbattere contro divieti e barriere. A denunciare, ancora una volta, l'ingiusta discriminazione di cui soffrono i portatori di handicap sono i Radicali italiani. «Venerdì scorso - sottolinea Stefano Santarossa -, in occasione del dibattito sulla libertà di ricerca scientifica, sono emerse nuovamente le inadeguatezze, dal punto di vista dell'accessibilità ai disabili, di una città che si vuole moderna e civile. L'aula magna del centro studi di Pordenone risulta ancora oggi irragiungibile autonomamente da parte di coloro che si trovano su una carrozzina».
E c'è un elemento ancora più grave: «L'insensibilità dimostrata dagli uffici comunali a una richiesta d'aiuto da parte dell'organizzazione della conferenza per trasportare i disabili nella sala. Di fronte a questa richiesta, l'ufficio competente ha affermato di non poter far nulla per risolvere il problema. L'esistenza di barriere architettoniche rappresenta una concreta menomazione della libertà personale e di circolazione dei cittadini.
La legge che prevedeva l'abbattimento delle barriere risale ancora al 1976 e i predecessori dell'attuale sindaco hanno impiegato circa 16 anni per realizzare una manciata di scivoli sui marciapiedi». E già da almeno 6 anni ogni edificio pubblico dovrebbe essere dotato di un sistema di chiamata per attivare un servizio di assistenza tale da consentire alle persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale la fruizione dei servizi.
E.D.G.