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Il Piccolo 19-11-2001

Antonione e Tondo, primo contatto dopo lo scontro

È stato il capo della giunta ad alzare il telefono. Sempre concreto il rischio di crisi. Salta la riunione del Gruppo azzurro

TRIESTE «Pronto Roberto? Sono Renzo». La telefonata che può consentire a Forza Italia di uscire senza «spargimento di sangue» dalla situazione di stallo in cui si trova da martedì scorso, è stata fatta ieri alle 18. Da una parte il presidente del Friuli-Venezia Giulia Renzo Tondo, dall'altra il coordinatore nazionale Roberto Antonione. È stato il primo, che già in altre occasioni aveva dato prova di ragionevolezza estrema senza trincerarsi dietro la scusa dell'orgoglio a oltranza, a comporre il numero del cellulare del senatore triestino. Quest'ultimo ha almeno dimostrato l'intenzione di voler cercare una ricomposizione. Come? Rimanendo rintracciabile nonostante fosse domenica e rinunciando alla gran voglia di interrompere la comunicazione che, siamo sicuri di non sbagliarci, lo ha colto quando ha capito chi era l'interlocutore.

AL TELEFONO. Cosa si siano detti non si sa. Pare che nessuno dei due abbia dato segni di cedimento. Ma i duellanti si sono parlati e già questo è un risultato impensabile fino a quel momento. Un primo effetto del colloquio via etere sembra essersi già manifestato: la diplomazia azzurra è al lavoro per arrivare al rinvio della riunione di Gruppo consiliare Fi-Ccd-Fdc in programma questo pomeriggio a Udine e che, stanti i segnali d'ira funesta lanciati nei giorni scorsi da Antonione, si sarebbe dovuta trasformare in una conta spietata: «O con me, o con Tondo. E quindi contro di me».

GLI UOMINI DEL PRESIDENTE. Il capo dell'esecutivo può tuttora contare, almeno all'apparenza, sulla compattezza della giunta (dove si è distinto per posizione critica il solo triestino Franco Franzutti) e, tutto sommato, della gran parte del Gruppo azzurro. Ma l'inflessibilità di Antonione (che, da coordinatore nazionale, nel 2003 deciderà chi si meriterà la ricandidatura in Forza Italia e chi no) avrebbe potuto risultare determinante nello sfoltire le fila dei fedeli al presidente carnico.

INCONTRO BLINDATO. Fatto sta che tra i due contendenti il ghiaccio è rotto. Niente di più facile che nei prossimi giorni Tondo e Antonione si incontrino a quattr'occhi per tentare un chiarimento. L'occasione potrebbe arrivare dal vertice Ince, in programma da mercoledì a Trieste, cui il senatore triestino parteciperà in qualità di sottosegretario agli Esteri: se dovesse avvenire in tale contesto, mai faccia a faccia per una questione regionale sarà stato tanto blindato, visto lo spiegamento di forze dell'ordine attorno al palazzo della giunta di piazza dell'Unità. Almeno Tondo e il suo predecessore potranno davvero dirsi di tutto senza il timore di venir disturbati...

CRISI SFIORATA. E pensare che solo fino a un minuto prima di quello squillo di telefonino sembrava proprio che ormai non ci fosse più spazio per la mediazione: Roberto Antonione pareva aver superato il «punto di non ritorno» nell'affondo contro Renzo Tondo, tanto da pretendere la crisi immediata del governo regionale. Dichiarazioni pubbliche di questo genere, è ovvio, il senatore non ne aveva mai fatte. Ma la frase lapidaria pronunciata venerdì a Venezia in conferenza stampa («Se una giunta basa tutto su una nomina, allora è meglio che cada subito. Parlo in generale, ma in questo caso il fatto è riferibile al Friuli-Venezia Giulia») e le confidenze fatte nel corso del weekend a vari esponenti azzurri regionali erano state esplicite. Tondo andava demolito, sostituito, archiviato.

LA SCINTILLA. Quasi superfluo ricordare che la scintilla che ha provocato questo pandemonio è stata la «ribellione» di Tondo nella scelta del candidato alla presidenza di Autovie Venete, avvenuta martedì scorso: i vertici di Forza Italia (Antonione, il coordinatore regionale Ettore Romoli e il «gran tessitore» Ferruccio Saro) avevano indicato Franco Soldati, il capo dell'esecutivo regionale aveva sorpreso tutti optando per il manager della De Longhi e suo amico fidato, Dario Melò.

FRANZUTTI, IL SAGGIO. Antonione, dunque, fino a ieri mattina voleva la testa di Tondo. Era disposto a tutto e lo diceva a chiunque, del suo partito, gli capitasse a tiro: la Finanziaria regionale? Si vada pure all'esercizio provvisorio, basta che l'attuale presidente venga scalzato. Cosa ne pensano gli alleati? E chi se ne importa. Circolava già addirittura un abbozzo di giunta alternativa, con alla guida uno dei due forzisti attualmente assessori, Giorgio Venier Romano oppure lo stesso Franzutti. Tra l'altro, la telefonata di ieri rilancia le quotazioni di quest'ultimo che, pur predicando prudenza, sarebbe stato pronto, nel caso fosse arrivato l' «input», a presentare le dimissioni per aprire formalmente la crisi.

RINUNCIARE A MELÓ. Ora, invece, forse una via d'uscita c'è. Tondo potrebbe sperare di rimanere in sella fino al 2003 (quando si voterà per le regionali) nel caso facesse un passo indietro, rinunciando sua sponte a sostenere ancora Melò: l'assemblea dei soci di Autovie Venete è fissata per venerdì e quindi ci sono ancora quattro giorni per riflettere. È una possibilità, ma tutt'altro che scontata. Vada come vada, è certo che Tondo si è giocato la riconferma alla presidenza.

I CONSIGLI DI MARINI. Gli resta da decidere se essere intransigente e cadere per amor di coerenza oppure dare ascolto al «consiglio» del vicecapogruppo Bruno Marini: «Un salto nel buio - affermava ieri l'esponente triestino del Ccd - fa paura a tutti. Come venirne fuori? È tutto nelle mani di Tondo: il presidente ha ottenuto una vittoria politica riuscendo a far superare a Dario Melò tutti gli ostacoli, compreso quello della giunta per le nomine. Ha dimostrato di avere la forza di imporre una sua scelta. Ma a mio avviso adesso dovrebbe, di sua iniziativa, compiere un gesto distensivo unilaterale nei confronti dei vertici nazionali e regionali del partito». Quale? Che domande: mollare Melò.

Alberto Bollis