Il Piccolo 09-05-2001
Infuocato il tradizionale appuntamento organizzato al Savoia dalle donne elettrìci con i principali esponenti politici in corsa per le elezioni
Illy alle prese con le pasionarie di An, show di Sgarbi con Damiani, Bordon e Antonione graziati
La più spontanea? Elettra Rinaldi, candidata del Girasole, che esordisce confessando la difficoltà di affrontare «senza rete» un'interrogazione a sorpresa. Il più reattivo? Franco Francescato, aspirante deputato dipietrista, che deve misurarsi con una domanda impegnativa come quella sul limite tra scienza e coscienza, ma si barcamena molto più egregiamente di altri colleghi, sollecitati su terreni a loro congeniali. Il più istrionico? Manco a dirlo Vittorio Sgarbi, che riesce, infilando ostentatamente una replica fuori tempo, a prendersela, nell'ordine, con Iacopo Venier dei Comunisti Italiani, poi a liquidare una signora del pubblico con un tagliente «non prendo lezioni di democrazia da lei», quindi a regalare un brivido all'elegante parterre del Savoia con la minaccia di andarsene su due piedi lasciando i presenti, bontà sua, «a fare queste coglionate».
Al prevedibile show del critico, Roberto Damiani, che già ha incassato feroci battute sulla pavimentazione di piazza Unità e sulla sua scelta di stare con i «comunisti di Cossutta», si alza e si siede tra il pubblico. Ma l'incidente dura un attimo: Etta Carignani, presidente delle donne elettrìci, riprende in pugno con garbo la situazione, Damiani riguadagna silenziosamente il suo posto e Sgarbi, appagato dall'ennesima frazione di popolarità, si rilassa abbracciando i vicini Camber e Menia, mentre Antonione, una sedia più in là, dà segni evidenti di imbarazzo.
Il tradizionale appuntamento organizzato dall'Ande con i candidati alla Camera e al Senato ha offerto ieri pomeriggio la prima occasione pubblica di confronto con buona parte dei politici in corsa per il Parlamento. Quattordici poltrone occupate, due sole candidate donne (Rinaldi e la dipietrista Carla Lanci, in corsa per il Senato), una sala al gran completo, presenti, tra il pubblico, anche gli sfidanti delle amministrative, venuti a tastare il terreno per il secondo round che li vedrà protagonisti di qui a qualche settimana. Le signore dell'Ande, ha spiegato Carignani, si sentono oggi abbastanza «agguerrite e mature» per condurre in prima persona le interviste, senza l'intermediazione dei giornalisti di professione, con l'obiettivo - ha precisato la presidente - «di condurre, attraverso questa realtà apartitica, una battaglia contro l'astensionismo», chiedendo anche ai futuri parlamentari «l'impegno a portare più donne in politica e nei quadri».
Cinque minuti a ogni candidato per offrire un compendio del suo programma, con alcuni quesiti che sono quasi un invito a nozze (Illy sulle infrastrutture, Sgarbi e Damiani su cultura e istituzioni scientifiche, Menia sulle politiche a favore delle nuove povertà, il ministro Bordon su trasporti e ambiente) e altri che mettono a dura prova capacità oratorie già collaudate e non. Marco Gentili, per esempio, candidato su Trieste 2 e sul proporzionale per Emma Bonino, se la cava sul terreno spinoso della presenza femminile nelle liste ricordando che il suo partito ha come «lidèr maximo» una donna che da trent'anni fa politica e citando la battaglia antiproporzionale condotta proprio insieme alle attiviste dell'Ande; Enrico Conte, un altro dei dipietristi presenti a ranghi compatti, cavalca l'esperienza di funzionario comunale per parlare di una sburocratizzazione che si ottiene puntando su risorse umane e formazione; Venier, in corsa sul proporzionale per i Comunisti italiani, difende la riforma sanitaria Bindi e mette in guardia da un federalismo che diventa «secessione» proprio su un terreno delicato come quello della sanità; Denis Zigante vira abilmente il quiz su come incrementare il lavoro parlando della proposta centrale del Terzo polo, l'autonomia, toccasana anche per l'occupazione; la professoressa Lanci si misura con la riforma scolastica e invita a «dare tranquillità al corpo insegnante, senza continui ordini e contrordini»; il professor Giuseppe Cuscito, aspirante senatore, giustifica il diritto all'esistenza in vita di Democrazia Europea con le scarse tradizioni bipolari del nostro Paese. Illy, tra i malumori della claque di pasionarie di An al seguito dell'onorevole Menia, parla di uno dei capisaldi del suo programma, l'allargamento dell'Europa a est, con la necessità di un impegno dei parlamenti a investire nelle infrastrutture. Gli risponde il senatore Camber, snocciolando le ombre di quelle che chiama «democrazie giovani»: il peschereccio italiano mitragliato, il rifiuto a restituire le proprietà nazionalizzate, gli attacchi ricevuti a Buie dal collega Sgarbi, «liquidato dalla stampa come un cittadino straniero che viene a far la sua campagna elettorale, quando il deputato Radin è un giorno sì e uno no a Trieste, sempre con grande evidenza sui giornali».
Anche per il presidente Antonione la domanda è facile: che fare a proposito della devolution? «E' importante che la regione diventi sistema - dice il futuro senatore, prendendo le distanze da ipotesi autonomistiche - perché in questo modo la massa critica è diversa. Dare più poteri ai Comuni - ha però aggiunto - è una materia complessa. In Friuli-Venezia Giulia ce ne sono 219, con Trieste che ha 210 mila abitanti, a fronte di molte realtà che non ne contano nemmeno mille. Ma il modello da studiare deve dare a tutti le stesse possibilità di amministrare». Strada in discesa pure per Bordon, che si lancia sullo sviluppo sostenibile e sulla possibilità di Trieste di ritrovare la centralità del passato nella futura Europa allargata.
Damiani ha una domanda ostica, sulla possibilità di permanenza a Trieste dello Iap, il segretariato delle istituzioni scientifiche, ma ne esce bene citando il progetto messo in campo dal Comune per la sua sede definitiva - villa Cosulich - e chiamando in causa Provincia e Regione perché si assumano la loro parte di responsabilità nell'iniziativa. Sgarbi, invece, ha gioco facile con il quiz sul suo apporto per la cultura triestina. Mettendo in campo la nota affabulazione, in pochi minuti riesce a infilare nel discorso Illy, al quale dava del tu ma che ora nega di essere suo amico, Illy e Damiani, «che hanno scelto lo schieramento più lontano dalla loro identità», «gli amministratori triestini che non hanno capito l'investimento sul castello di Duino», «Bordon, che si occupa dell'elettrosmog invece che della Ferriera», piazza Unità che è un obbrobrio dal punto di vista dei materiali a confronto della «filologica» piazza di Muggia. «Come può un Comunista italiano vedere il suo ideale in Illy?», sbotta infine il critico, provocando la reazione di Venier e, a catena, il suo piccolo exploit con la minaccia di abbandonare la sala. Il tutto, probabilmente, per stuzzicare gli apatici giornalisti, perché, per dirla con Camber, «Sgarbi è vittima di una pesantissima campagna di silenzio e disinformazione da parte della stampa».
ar. bor.