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Il Piccolo 17-06-2002

Politica regionale in subbuglio dopo il «dietrofront» sulla legge elettorale annunciata dal capo della giunta. Parla l'ex deputato dc, ora forzista, che ha sempre criticato il testo

Agrusti attacca Tondo: «Deve farsi da parte»

«Chi si è reso responsabile di scelte sbagliate non può far finta di niente. Ai referendari propongo un'intesa bipartisan»

PORDENONE - Fin dall'autunno 2001 la sua era stata una voce fuori dal coro. Tra i sostenitori irriducibili della nuova legge elettorale del Friuli Venezia Giulia Michelangelo Agrusti, coordinatore provinciale di Pordenone di Forza Italia, non c'è mai stato. Anzi, già allora aveva bocciato senza appello il testo poi approvato l'11 marzo dal Consiglio regionale. Oggi, dopo il dietrofront presidenzialista di Tondo, Saro e Romoli, l'ex parlamentare dc va oltre e individua la via d'uscita da una situazione quanto meno difficile: un accordo bipartisan con il Centrosinistra utile a correggere le distorsioni del Tatarellum. In cambio Forza Italia si schiererà con i referendari.

Agrusti parla anche di Renzo Tondo e di leadership per le regionali del 2003: il «ravvedimento operoso» di chi ha strenuamento difeso la legge elettorale, dice, non può essere gestito da chi ha provocato quell'errore.

Mi pare che sulla legge elettorale regionale, tutti le stiano dando ragione. Prima Romoli, poi Saro, ora Tondo hanno cambiato idea su quell'insieme di norme capaci solo di eleggere, come lei lo aveva definito, un «presidenticchio». Condivide?

Ci sono posizioni differenti. Romoli, ad esempio, aveva avuto un atteggiamento problematico e dubbioso fin dall'origine di questa proposta di legge. Ma c'è stata una posizione cocciuta e irragionevole di altri esponenti di Fi, del governo regionale, della Casa delle libertà che ha portato a compiere un errore colossale le cui conseguenze si cominciano a pagare. Non solo in ordine al prevedibile esito del referendum, ma al determinarsi di fatto di uno scollamento tra le idee fondandi dei partiti più importanti della Cdl e il proprio background culturale e politico. Lo stesso avvenne ai tempi del referendum sul divorzio tra la Dc e una parte del suo elettorato: iniziò lì una crisi che poi si rivelò irreversibile.

Come spiega questo mutamento radicale di posizioni?

È un «ravvedimento operoso». Ma non è accettabile che chi ha prodotto l'errore sia anche colui che si candida a gestire la correzione. Bisogna che, soprattutto chi ha avuto le responsabilità principali, e non mi riferisco al coordinatore regionale, abbia ora il coraggio di lasciare ad altri il compito di trovare la via d'uscita.

Chi è che si deve fare da parte?

Coloro che avevano sostenuto che questa fosse una buona legge, coloro che avevano preannunciato il fallimento della raccolta delle firme, coloro che si dichiaravano certi che gli elettori regionali avrebbero condiviso la legge varata dal Consiglio. Oggi è evidente come questa legge non sia lo strumento più idoneo a raccordare consenso e governabilità. Inoltre i referendari hanno raccolto sottoscrizioni in abbondanza. E poi non occorre avere la sfera di cristallo per capire che l'opinione degli elettori è praticamente scontata. Sono troppe le previsioni andate in fumo per consentire ai manovratori del vapore di continuare a sbagliare.

Il presidente Tondo aveva difeso questa legge: lei quindi gli chiede di farsi da parte?

Tondo ha messo tutto il suo peso su questa legge elettorale: avrebbe fatto bene ad avere un atteggiamento più prudente. Questo non mancherà di avere conseguenze sul prestigio e sulla forza della sua presidenza e della sua eventuale candidatura nel 2003.

Lei cosa propone adesso?

Il solo pensare di evitare in qualche maniera il referendum è assurdo. Nemmeno i discorsi che si stanno facendo sui costi della prova referendaria sono delle motivazioni plausibili. Ogni elezione comporta spese e comunque la democrazia vale qualsiasi tipo di impegno finanziario.

Come se ne esce?

Bisogna ragionare in questi termini: la Cdl potrebbe addirittura schierarsi a favore del quesito referendario se, nel frattempo, si trovasse un accordo «bipartisan» per modificare le distorsioni che nascerebbero dall'esito del referendum. Dico una cosa che molti appartenenti all'altro schieramento politico potrebbero condividere: il Tatarellum sì risolve il nodo dell'elezione diretta del presidente ma con l'imponente quota di recupero proporzionale, il famoso «listino», assegna ai partiti un potere smisurato nella sostanziale elezione di molti consiglieri. Credo che su questo terreno si possa trovare un accordo col Centrosinistra alla fine del quale possa esserci anche una pacifica condivizione del quesito referendario.

Parliamo di Forza Italia. Era stato lei a sollevare in passato la questione della democrazia interna al partito.

La democrazia non è un concetto modificabile a piaciamento. Le regole della democrazia prevedono che non esistano persone che si autoinvestono per gestire determinate responsabilità. Esiste invece un concorso di opinioni che si esprime attraverso l'elezione di gruppi dirigenti e questi gruppi dirigenti hanno il compito di rappresentare l'opinione di coloro che li hanno eletti. L'espressione della democrazia finora in Fi è sembrata più un elemento occasionale, funzionale a sostenere decisioni già prese.

Che dice delle ricorrenti indiscrezioni che la vogliono alla guida regionale del partito?

Questa è una fantasia bella e buona. Sono stato eletto coordinatore provinciale a Pordenone e per tre anni mi dedicherò a questo.

Veniamo alle amministrative. La sconfitta della Cdl a Gorizia è bruciante...

La sconfitta di Gorizia non deve essere esaminata solo per le cause che si sono generate a livello locale. Secondo me Gorizia ha pagato anche errori che si sono compiuti a livello regionale... Avevo previsto il capitombolo, nel senso che rimango convinto che l'appannarsi dell'azione del governo regionale portino sempre a risultati negativi. C'erano le elezioni di Gorizia e abbiamo scontato lì gli errori commessi, ma non dimentichiamo che scelte sbagliate le abbiamo pagate anche nel 2001 a Pordenone.

Roberto Antonione ha dichiarato che una parte degli errori è stata non aver compreso che l'onda lunga di Fi, quella in cui si poteva candidare chiunque, era finita. Secondo lei?

Antonione ha ragione. Credo che lui abbia gestito bene questi mesi di coordinamento nazionale del partito, pur nella valutazione che oggi i poteri reali di intervento del «nazionale» non sono così decisivi nel risolvere questioni territoriali. Prima o poi ritengo che al coordinatore nazionale dovranno essere assegnati i poteri veri di un segretario politico, non solo organizzativi ma anche strategici. E Antonione ha le caratteristiche per essere un vero segretario di partito. Ciò che spero è che tra le tante vicende di cui dovrà occuparsi, si interessi anche della situazione del Friuli Venezia Giulia. Il suo è stato un atteggiamento di fiducia totale nei confronti della nostra dirigenza, ma secondo me deve cominciare a riconsiderare ciò che succede da queste parti...

Che dice di Ferruccio Saro? Come replica alle pungenti dichiarazioni del coordinatore di Fi di Udine?

Ho appreso con divertimento le sue valutazioni sulla presunta antichità delle mie posizioni e persino le considerazioni sulla megalomania degli uomini piccoli, ma non intendo replicare su questo terreno. Sarebbe come se ci si insultasse sul riporto dei capelli...

Nel Centrosinistra la compattezza sulla ladership di Illy quale candidato presidente alle regionali 2003 non pare sempre granitica. Secondo lei l'ex sindaco di Trieste scenderà davvero in campo? La leadership di Illy è molto chiara e stagliata nel panorama politico di questa regione. Si tratta di capire se ne nascerà una nel Centrodestra.

Elena Del Giudice