Il Piccolo 31-03-2002
ASBESTOSI - Nel decennio '88-'97 51 casi di tumore polmonare contro i 6 delle medie. Un'intesa con Fincantieri ha favorito il massiccio esodo dalle officine inquinate
MONFALCONE - Di amianto a Monfalcone si continua a morire e si continuerà a farlo per altri venti-trent'anni. Il minerale killer è stato abbondatemente usato nell'industria cantieristica, che negli anni '60 contava oltre cinquemila impiegati diretti. È stato manipolato dai soci della compagnia portuale, che lo scaricavano sulla banchina dello stabilimento di Panzano. È stato utilizzato anche all'Ansaldo, le ex Officine elettromeccaniche del cantiere dei Cosulich, nella costruzione di motori e generatori elettrici. L'amianto c'era nella centrale termoelettrica, usato come isolante, soggetto a manutenzioni e quindi a liberare fibre nell'aria.
L'amianto era dappertutto a Monfalcone. Era nelle tute, i «terliz», degli operai che mogli, madri e figlie lavavano, ammalandosi a loro volta. L'amianto rappresenta ancora un dramma sociale per la città e per il resto del mandamento che il primario del servizio di anatomia patologica dell'ospedale di Monfalcone Claudio Bianchi ha avuto il merito di studiare e portare all'attenzione dell'opinione pubblica. La media nazionale parla di un caso di mesotelioma della pleura ogni 17 anni per ogni milione di abitanti. In città solo nei primi tre mesi di quest'anno sono stati accertati nove casi. L'Istituto superiore di sanità suffraga questi numeri: nel decennio 1988-1997 a Monfalcone sono stati «osservati» 51 casi di tumore da amianto. Non avrebbero dovuto essere più di sei.
Ecco perché, quindi, fra le altre azioni da mettere in campo, i sindacati, l'Associazione esposti amianto, i lavoratori si sono battuti con forza a partire dalla metà degli anni '90 per ottenere i benefici pensionistici previsti per chi è stato esposto all'amianto. Prima sono scattate le cause nelle preture del lavoro, poi sono giunti i primi accordi a livello nazionale. In prima battuta l'Inail ha riconosciuto per lo stabilimento Fincantieri di Monfalcone un uso dell'amianto fino alla metà degli anni '70 e solo in determinate aree produttive. Nel 2000 il periodo è stato allargato al 1985 e pure le aree sono state ampliate. L'intesa raggiunta al ministero del Lavoro con Fincantieri ha dato comunque vita a un esodo di lavoratori dal cantiere navale che trova precedenti solo nei massicci prepensionamenti attuati alla fine degli anni '80 per tamponare la crisi della cantieristica. Finora hanno beneficiato della normativa oltre 900 dipendenti dello stabilimento di Panzano cui vanno ad aggiungersi il centinaio dell'Ansaldo, per la quale è stato riconosciuto un uso dell'amianto fino alla fine degli anni '80, e la cinquantina della compagnia portuale. Finora solo i lavoratori dell'impianto termoelettrico non hanno ottenuto l'accesso ai benefici pensionistici, nonostante alcune direttive emesse dal ministero del Lavoro prima della fine della precedente legislatura.
A Monfalcone, però, c'è ancora chi ritiene di non aver ottenuto «giustizia»: è la trentina di vedove dell'amianto che un anno fa hanno sporto denuncia alla procura della Repubblica di Gorizia contro la Fincantieri per omicidio colposo. Secondo le vedove, che hanno avuto modo di incontrare il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nella sua recente visita a bordo della «Star Princess», ultima nata della Fincantieri di Monfalcone, in cantiere i vertici sapevano della nocività dell'amianto, ma i lavoratori non ne sono mai stati informati. «Mio marito giocava con l'amianto, se lo tiravano dietro, come delle palle», ha detto una vedova spiegando la decisione di accusare Fincantieri. La procura della Repubblica ha aperto un'indagine che è tuttora in corso e che proprio di recente avrebbe portato alla nomina di alcuni periti per fare luce sull'uso dell'amianto nei cantieri navali di Monfalcone. I tentativi di conciliazione, atti dovuti, per il riconoscimento dei danni effettuati proprio in marzo alla Direzione provinciale del lavoro di Gorizia sono però andati a vuoto. Fincantieri non si è infatti presentata. Intanto, dopo l'approvazione della legge regionale ad hoc, a Monfalcone si cerca di lavorare sia sul fronte della ricerca sia su quello della prevenzione. Grazie al finanziamento della Provincia, a Monfalcone è partito, con la collaborazione dell'Atom Group dell'Università di Udine e l'Ass isontina, uno screening su oltre mille lavoratori ed ex lavoratori per l'individuazione precoce dei tumori asbestocorrelati.
Laura Blasich