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Il Messaggero Veneto 10-01-2002

Un'indagine di Assindustria prospetta un calo di 40 mila unità nei prossimi dieci anni

Friuli, 14 mila lavoratori in meno

Sono scesi da 821 mila a 807 mila in 5 anni. I ventenni calano di 15 mila unità

di EUGENIO SEGALLA

UDINE - Sviluppo a rischio per mancanza di manodopera. Le proiezioni demografiche prospettano infatti per i prossimi dieci anni una diminuzione della popolazione in età lavorativa - convenzionalmente fissata dai 15 ai 64 anni - pari a 40 mila unità. Questa flessione, via via amplificata dall' estensione della scolarità, si aggiunge al calo registrato dalle statistiche della Federazione degli industriali del Friuli-Venezia Giulia, secondo cui la forza lavoro è diminuita tra il '93 e il '98 di 14 mila unità, da 821 mila a 807 mila, e i giovani ventenni - studenti compresi - sono scesi di 15 mila unità. Il prosciugamento del mercato del lavoro è maggiore nella nostra regione perché - diminuendo i giovani ed aumentando gli anziani - il tasso di invecchiamento risulta superiore a quello delle altre regioni italiane.

L'immigrazione è quindi una scelta necessaria per "tonificare" un mercato che - per quanto reso più efficiente dalle politiche formative e di orientamento mirate ad avvicinare l'offerta alla domanda - segnala vuoti crescenti e una cronica, oggi endemica, divergenza tra i bisogni del mondo produttivo e la disponibilità di manodopera. Questa divergenza, che qualche anno fa era limitata alle fasce basse del mercato (operai generici) sta oggi intaccando anche quelle intermedie, in particolare degli operai specializzati. Per azzerarla, è sempre più frequente il caso di aziende che ricercano personale professionalizzato nei Paesi "Peco", vale a dire nell' Europa orientale e balcanica. L'Abs, per esempio, ha assunto tecnici e ingegneri provenienti dalla Romania.

Deludenti, invece, sono risultate le alternative "italiane". La Snaidero e la Zanussi avevano dato vita l'anno scorso a un programma, cofinanziato dalla Regione, per assumere con un contratto di formazione 150 lavoratori provenienti dal Meridione. Inizialmente. Ma anziché crescere, il numero si è ridotto a 45 destinati alla Zanussi e 9 alla multinazionale della cucina, suddivisi in tre "percorsi" progettuali di 15 ciascuno. Il risultato è che, di questi tre, è partito soltanto il ciclo formativo alla Zanussi, mentre alla Snaidero, dei 9 lavoratori previsti, cinque hanno dato subito forfait compromettendo la fattibilità dell'iniziativa che prevedeva anche piani di inserimento appositamente studiati e incentivati con l'impegno all' assunzione stabile. L'esperimento ha provato che la mobilità interna al Paese offre uno scarso contributo al problema della carenza di manodopera. Tanto che la stessa Snaidero ha dovuto attingere al "serbatoio" più tradizionale degli immigrati, provenienti generalmente dai Paesi dell'Africa centrale, ma anche da Cuba, assunti attraverso le agenzie di lavoro interinale approdate anch'esse nel "mercato" dell'immigrazione.

Anche l'emigrazione di ritorno, a parte il caso argentino, si ritiene possa fornire risultati limitati in termini quantitativi, che comunque non potranno esplicarsi - si afferma a palazzo Torriani - se il rientro non sarà agevolato da un concreto piano di inserimento basato su formazione, lavoro e abitazione. L'immigrazione resta dunque un'opzione necessaria, non la sola sicuramente, per coprire il crescente deficit demografico: una immigrazione - insiste l'Assindustria friulana - non intesa come semplice fattore di produzione, ma come una leva funzionale alla crescita del sistema economico.

Quanti sono gli immigrati in regione? Secondo i dati più aggiornati gli extracomunitari sono 43 mila circa e rappresentano il 3,7% della popolazione, una delle percentuali più elevate in Italia (la media nazionale si attesta intorno al 2,4%). In provincia di Udine gli extracomunitari sono più di 12 mila (di questi si ritiene che due terzi, 8 mila circa, siano inseriti nel circuito del lavoro) e rappresentano il 2,4% dei residenti. Si sta consolidando anche l'inserimento: gli stranieri adulti che soggiornano in regione sono infatti aumentati da inizio 2000 a inizio 2001 del 16,8% a fronte di una media del 13,5% nell'Italia settentrionale e del 10,9% a livello nazionale. L'immigrazione dà quindi un contributo importante per "calmierare" (beninteso, in termini quantitativi) il mercato del lavoro a dimostrazione di come nella Regione il lavoro degli immigrati rappresenti una risorsa importante, in particolare in alcuni poli industriali della provincia di Udine, come nel distretto della sedia (dove la concentrazione è massima), nel cividalese e nel tarvisiano e in alcuni settori, con particolare riferimento alla meccanica, alla metallurgia e all'industria mobiliera.

Si spiega con questa realtà la divaricazione a forbice tra le richieste del mondo economico e le autorizzazioni concesse da Roma. L'anno passato, come noto, la Regione aveva presentato richieste per autorizzare l'ingresso di 8560 immigrati con l'aggiunta di ulteriori 2470 necessari a soddisfare la richiesta rimasta inevasa nell'anno precedente quando il contingente riconosciuto era stato di 949 autorizzazioni (di cui soltanto 284 destinate alla provincia di Udine, nettamente inferiore alle 2175 richieste) per lavoro subordinato, cui si erano aggiunte 264 autorizzazioni per l' assunzione di albanesi, tunisini e marocchini (che fanno parte delle cosiddette quote riservate), però scarsamente utilizzate. Quel contingente si esaurì nell'arco di due settimane, entro la prima metà di aprile. Nel 2001, come noto, la sola industria ha presentato richieste per 6 mila ingressi, di cui 800 per rapporti a tempo determinato, 5 mila a tempo indeterminato e 200 per lavori stagionali.

È altrettanto noto che una parte consistente di queste richieste, proprio perché inascoltata, è stata rinviata a quest'anno quando si spera che il problema - via via più grave per il sommarsi della presumibile maggiore domanda, indotta dall'attesa ripresa, con le dinamiche demografiche - potrà trovare una soluzione con gli oriundi dall'Argentina, da una parte, e gli ex jugoslavi dall'altra, in virtù dell'accordo tra Slovenia e Fvg in via di approvazione definitiva.